Passa ai contenuti principali

L'unità d'Italia può ricominciare da Nizza


E’ stato pubblicato pochi mesi fa un libro che rende giustizia alla cultura e alla storia della città e della contea di Nizza, che l’Italia monarchica cedette alla Francia in cambio dell’aiuto contro l’Austria. A firmare il volume pubblicato dalle Edizioni sette colori (2011) intitolato “Storie e letterature italiane di Nizza e del Nizzardo” è il prof. Giulio Vignoli, docente di diritto internazionale all’Università di Genova, che afferma: “Ho scritto questo libro dedicato alle storie e alle letterature italiane di Nizza e del Nizzardo perché nessuno ne sa niente, né in Italia, né in Francia. Anzi, in Francia vige la censura e la disinformazione, mentre in Italia nessuno se ne occupa. Il mio è il primo libro in argomento dalla fine della guerra”.

Prof. Vignoli, chi era Caterina Segurana? Può descriverci questa donna che ha avuto un ruolo importante nella storia della città di Nizza e che, in alcuni siti internet, assume un nome e un cognome francesizzati?
E' l'eroina dei nizzardi perché difese Nizza da un terribile assedio quando. nel 1543, la Francia, alleata dei turchi, attaccò Nizza assieme all'esercito ottomano. I soldati dei Savoia e i cittadini nizzardi si difesero strenuamente. La città fu poi conquistata e saccheggiata, ma il castello rimase inespugnato.
Caterina Segurana, una popolana, combatté sulle mura fino e indicarla con nome e cognome francesizzati è un falso storico e un insulto alla sua memoria. Caterina è il simbolo della lotta contro la Francia. "Francesizzare", inoltre, è un'operazione di cui i francesi sono esperti. Trattasi della peggiore azione che un popolo può realizzare nei confronti di altri popoli…

Negare la nazionalità altrui è un atto molto grave…
Sì, e aggiungerei anche ignobile.

Prof. Vignoli, oltre ad essere stata da alcuni “francesizzata”, bisogna anche dire che Caterina Segurana non viene mai menzionata nei nostri libri scolastici. Come mai?
Purtroppo non solo Caterina Segurana non viene mai menzionata nei nostri testi per la scuola, ma anche tutta la storia di Nizza viene dimenticata o travisata. Perché? Ha mai sentito parlare della "morte della Patria"?

Riconosco che noi italiani siamo capaci di farci del male e dopo l’8 settembre del 1943 abbiamo perso il senso di identità nazionale. Però proprio per recuperare il nostro passato può essere utile conoscere, anche facendo solo un accenno, la storia di Nizza e della sua italianità. Possiamo parlarne?
Certo. Una componente identitaria di Nizza e del nizzardo è sempre stata l'italiana, le altre due sono l'occitana e la francese. Negarlo è follia e ignoranza crassa, o malafede pura. Anche adesso, dopo 150 anni di francesizzazione forzata, quasi tutti i nizzardi comprendono e moltissimi parlano l'italiano. Basta stare qualche tempo a Nizza per capire che la città non è assolutamente un città francese "tout court". Costumi, tradizioni, lingua, nomi delle vie, modi di dire, sono anche italiani. Lo stesso discorso può farsi per la città di Strasburgo nei confronti della Germania.

Perché Nizza fu ceduta, nel 1860, alla Francia?
L'antica contea di Nizza, datasi ai Savoia nel 1388, con l'impegno che non sarebbe stata ceduta ad altra signoria, fu il prezzo pagato a Napoleone III (assieme alla Savoia, ndr) per l'alleanza nella Seconda guerra d'indipendenza. Poiché la popolazione a maggioranza era contraria alla cessione, si ricorse a brogli e minacce ben denunciati da Garibaldi. Migliaia e migliaia di abitanti preferirono prendere la via dell'esilio piuttosto che diventare francesi.

Fino al 1860, qual era la lingua parlata dai nizzardi?
Come è noto Emanuele Filiberto sostituì negli atti ufficiali il latino con l'italiano nel 1561. Segno evidente che la lingua maggioritaria nella contea di Nizza era l'italiano. Tanto è vero che in Savoia Emanuele Filiberto introdusse invece il francese. Ben oltre il 1860 i nizzardi parlavano in famiglia il dialetto nizzardo, un misto di occitano, piemontese e ligure; fuori dall'ambito familiare parlavano l'italiano e anche il francese, a seconda delle tradizioni di famiglia.

Lei, a pagina 119 del suo libro, scrive che la quasi totalità degli attuali abitanti di Nizza e del nizzardo ignorano l'esistenza di una letteratura italiana, nata nelle loro terre. Può spiegare questa affermazione?
La Francia ha la coda di paglia per come avvenne l'annessione. Le autorità francesi ricorrono ancora adesso, a 150 anni dall'evento, ad una sistematica falsificazione storica. Basta leggere le affermazioni fantasiose e cervellotiche espresse da queste in occasione della celebrazione del centocinquantesimo e che hanno sollevato la reazione anche di studiosi francesi, come il prof. Maurice Mauviel dell'Università di Parigi. In tale contesto né le scuole del nizzardo, né altre istituzioni culturali pubbliche osano occuparsi della cultura italiana di Nizza. La quasi totalità degli abitanti del Nizzardo - tranne pochi intellettuali onesti e controcorrente come de Lumley e Raybaut - ignorano quindi l'esistenza di una letteratura nizzarda in lingua italiana.
Purtroppo anche in Italia si ignora questa letteratura perché non viene trattata, forse per evitare l'accusa strumentale e demonizzante di fascismo o irredentismo.

Tra i letterati nizzardi di lingua italiana si segnalano autori come Paolo Filippi, originario di Briga, Bartolomeo de Gubernatis, di Sospello, Giovanni Leotardi, Ludovico Porcelletto, Angelo Auda, Giuseppe Borriglione, Carlo Maulandi, Pietro Gioffredo, Giovan Battista Cotta, Scipione Vajo, Gian Carlo Passeroni, Giuseppe Fornari, Giuseppe Andrè, nato a Nizza nel 1844 e morto a Torino nel 1903, Giuseppe Beghelli, Giuseppe Alberto Bovis e tanti altri ancora. Mi preme, però, porle una domanda su un religioso che mi ha particolarmente colpito: nel suo libro, a pagina 116, lei cita padre Antonio Bilancia. Può spiegarci chi era e che ruolo ha svolto per la tutela della lingua e della cultura italiana a Nizza?
Padre Antonio Bilancia era a capo della Missione cattolica italiana di Nizza e pubblicava il mensile "In cammino" pervaso di amore per l'Italia. In questo periodico si trovavano molte notizie anche su opere, eventi, intellettuali italiani di Nizza. Poiché il mensile tirava 3.000 copie e veniva inviato a tremila famiglie, vuol dire che esse conoscevano più l'italiano che il francese. Padre Bilancia fu poi sostituito da altri di diverso sentire e il mensile fu soppresso.

Purtroppo personaggi come padre Bilancia sono difficili da trovare, ed ora sono anche trascorsi 150 anni dalla cessione di Nizza alla Francia. Mi chiedo e le chiedo: ha senso ricordare questo evento? E perché?
Esiste in ogni uomo l'indistruttibile desiderio di verità. Bisogna essere testimoni di verità. Anche per quanto riguarda la storia di Nizza.

D’accordo, occupiamoci pure della storia di Nizza perché oggi può ricominciare proprio da questa città un recupero della nostra identità nazionale, e il suo libro, prof. Vignoli, rappresenta un ottimo punto di partenza; però bisogna pure chiedersi quale futuro geo-politico ci si può, oggi, augurare per Nizza e per il nizzardo…
Personalmente, mi auguro che Nizza diventi il centro d'incontro di tre culture: l'occitana, l'italiana e la francese. Tutte e tre aventi pari dignità. Mi auguro che la lingua e la cultura italiane riprendano a Nizza il posto che loro spetta. (a cura di Carlo Silvano)

_________________

Giulio Vignoli, "Storie e letterature italiane di Nizza e del nizzardo", ed. Settecolori 2011, pp. 130, euro 13.

Commenti

Post popolari in questo blog

Parliamo di Nizza e della sua italianità

Su facebook è attivo il gruppo "Nizza italiana" e, tra le varie discussioni, segnalo una lettera di un nizzardo che si firma Jo Musso, e la risposta del prof. Giulio Vignoli. Riporto le lettere così come sono state inserite dai loro Autori, senza toccare nemmeno una virgola. Attendo ulteriori contributi a questa costruttiva discussione. (Carlo Silvano) Il 15/12/2011 12.56, Jo Musso ha scritto: Jo Musso ha pubblicato qualcosa nel gruppo Nizza italiana .

Val Poschiavo: una valle alpina nel mondo

Qui di seguito pubblico una parte di un saggio dell'antropologa Michela Nussio dedicato alla Val Poschiavo (Grigioni Italiano) ed inserito nel volume "Una memoria per gli emigranti" (vedi post precedenti). Anche le foto solo di M. Nussio. La Val Poschiavo non è sempre stata parte dell’attuale Svizzera. Durante l’epoca romana apparteneva all’XI Regio, dopo il periodo carolingio passò dapprima al vescovo di Como e poi ai Visconti di Milano. Dopo vari tentativi il vescovo di Coira [1] riuscì a sottrarla al Ducato milanese. Nel 1408 la valle entrò a far parte della Lega Caddea: da quel giorno il suo futuro fu principalmente legato alla storia grigionese e quindi svizzera [2] . La Val Poschiavo appartiene quindi soltanto geograficamente e culturalmente alla Valtellina. A partire dalle due guerre mondiali, infatti, con la perdita d’importanza dell’agricoltura, si è sempre più orientata economicamente verso la Svizzera tedesca [3] . È un distretto composto da due comuni, Br

Luciano Danti, I ticinesi hanno il diritto di essere riconosciuti come italiani

LUCIANO DANTI , Noi Ticinesi abbiamo il pieno diritto etnico-culturale di essere considerati italiani intervista a cura di Carlo Silvano Col ticinese  Luciani Danti [1] , da anni promotore dell’italianità del Canton Ticino e del Grigioni, torno a toccare temi che riguardano la Svizzera che, come Stato, ingloba “quattro” etnie (tedesca, francese, italiana e ladina), così da comprendere come mai una parte della Lombardia, ovvero il Canton Ticino e le valli grigionesi Mesolcina, Calanca, Poschiavo e Bregaglia, rientrano da diversi secoli nei confini politici della Confederazione elvetica. Luciano Danti, per chi ama le tradizioni la Svizzera inizia il suo cammino come Stato nel lontano Primo agosto del 1291. È così? A questa domanda riporto le semplici - ma intense - parole dello storico Georges Andrey [2] , in un’intervista rilasciata diversi anni fa a “Swissinfo”. Secondo la tradizione, il 1° agosto 1291, i rappresentanti di Uri, Svitto e Untervaldo si riunirono sul p