Abbiamo bisogno
di una Chiesa
che dona salvezza
di Carlo Silvano
Questa mattina, nella cornice silenziosa e raccolta della Messa in vetus ordo, celebrata nella chiesa di Santa Maria della Sanità a Barra (quartiere periferico di Napoli), la Parola proclamata mi ha colpito in modo speciale. Il Vangelo di Luca (17,11-19) narrava dei dieci lebbrosi guariti da Gesù: dieci ricevono il dono della salute, ma uno solo — uno straniero, un samaritano — torna indietro a ringraziare e, nell’incontro vivo con Gesù Cristo, non riceve soltanto la guarigione del corpo, ma anche la salvezza eterna.
Questa scena evangelica rivela una verità scomoda e luminosa allo stesso tempo: la carità materiale, pur necessaria e nobile, non basta. Guarire la pelle senza toccare il cuore è come restituire la vita biologica senza ridare senso all’anima. I nove lebbrosi tornano alle loro case, reinseriti nella società, accolti di nuovo dai loro cari. Eppure rimangono privi della grazia più alta, perché non hanno riconosciuto in Gesù non solo il taumaturgo, ma il Salvatore, il Figlio di Dio.
Da questa pagina emerge una domanda che brucia: quante opere di bene nella Chiesa oggi si fermano alla soglia del corpo? Quanti sacerdoti e laici generosi si spendono fino all’ultima energia per dare un letto, un pasto, una medicina, eppure non osano pronunciare il Nome di Colui che può davvero guarire in profondità? È come offrire l’ombra della carità senza la sua sostanza. Si rischia, in fondo, di ripetere la storia dei nove lebbrosi: aiutati, guariti, ma non salvati.
Questo non significa disprezzare l’opera sociale, che è anzi comandata dal Vangelo stesso. Ma il Vangelo ci ricorda che l’orizzonte ultimo non è mai semplicemente il benessere terreno: è la salvezza eterna. Senza Cristo, l’assistenza diventa filantropia; con Cristo, la stessa tazza d’acqua data all’assetato diventa sacramento di salvezza.
La liturgia antica, vissuta oggi nella chiesa di Santa Maria della Sanità a Barra, con la sua solennità e il suo silenzio carico di mistero, mi ha fatto percepire proprio questo: che il fine ultimo della Chiesa non è guarire i corpi, ma condurre le anime a Dio. Ogni gesto liturgico, ogni parola latina che si innalza come incenso, sembra ricordarci che il cuore della missione non è solo fare il bene, ma portare Cristo.
Forse il rischio più grande del nostro tempo è accontentarsi di nove guarigioni e dimenticare la decima: quella del cuore che, tornando a Gesù, riconosce in Lui la fonte della vita eterna. E allora la domanda che resta è questa: siamo una Chiesa che restituisce salute o una Chiesa che dona salvezza?
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Nella foto la facciata della chiesa di Santa Maria nella Sanità di Barra - Napoli.
Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi. Per informazioni e per reperire i volumi, cliccare sul seguente collegamento alla Libreria Feltrinelli: Libri di Carlo Silvano
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