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Treviso: preti di frontiera visti da un massone

L'intervista a don Claudio Miglioranza inserita nel volume "Memoria di realtà intraviste", mi ha offerto lo spunto per rivolgere due domande ad un noto professionista trevigiano, iscritto alla loggia "Primavera" di Treviso.

Nella diocesi di Treviso ci sono presbiteri impegnati in situazioni di frontiera, con un passato da preti-operai, che fanno fatica a confrontarsi con una Chiesa piramidale, con la gerarchia ecclesiastica...

Gli uomini tutti d’un pezzo, quelli puri, non inclini alla mediazione, hanno sempre esercitato grande fascino ed attrazione su tanta gente, me compreso. Non vi è dubbio che costoro hanno delle credenziali enormi: la capacità di mettersi in gioco ed in discussione, il coraggio e la forza di assumere decisioni forti e coerenti con l’insegnamento del Vangelo. Il ruolo che questi uomini, da sempre, hanno esercitato nella Chiesa, è stato fondamentale. Accade, in qualsiasi contesto, che chi governa tende a distaccarsi dalla realtà e questi uomini, nella loro solitudine e con le loro testimonianze hanno la capacità di risvegliare le coscienze sopite. Dobbiamo però tenere realisticamente in considerazione che un’insieme di persone, che costituiscono le istituzioni civili, la Chiesa cattolica ecc., hanno la capacità di operare, di incidere e di durare nel tempo, se sanno darsi un’organizzazione, anche di stampo burocratico. Un club, un’azienda, un sindacato, un partito politico, qualsiasi altra forma associativa sono inevitabilmente entità dotate di una struttura piramidale e di un’organizzazione. La capacità della Chiesa di perpetuarsi nei millenni è emblematica ed è stata resa possibile tanto dall’impegno profuso da chi, anche con il sacrificio della propria vita, ha testimoniato con coerenza la Parola di Gesù Cristo, quanto dalla struttura organizzativa della stessa, spesso percepita come un peso, ma in effetti essenziale alla sua sopravvivenza. Le mie conclusioni sono le seguenti: perché un’entità secolare come la Chiesa cattolica continui ad esistere, al fine di perseguire il proprio scopo, ha bisogno sia di uomini di punta, capaci di smuovere le coscienze di tutti, sia di un impianto organizzativo. Solo un rapporto di osmosi, di scambio tra queste due realtà, apparentemente dicotomiche, può determinare il giusto rapporto armonico.

Alla luce della sua esperienza in Massoneria, come considera il fatto che un prete, come don Claudio Miglioranza, viva in un vecchio casolare della campagna di Castelfranco Veneto, insieme a sette musulmani super osservanti, dove la convivenza si basa solo sul condividere le spese e sul vivere insieme?

Premetto che l’agire del massone si ispira al trinomio Libertà, Uguaglianza e Fratellanza. Ad esempio, la pace di “Camp David” tra egiziani ed israeliani fu resa possibile e realizzata da tre fratelli liberi muratori: Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti, Anwar El Sadat, presidente dell’Egitto e Menachem Begin, presidente dello Stato d’Israele, i quali erano animati da questi princìpi. Sadat pagò poi con la vita questa sua scelta. Ciò premesso, che un prete cattolico condivida fraternamente momenti di vita con dei musulmani praticanti, costituisce per me un inno alla fratellanza a riprova che, senza rinnegare ciò che si è e si rappresenta, il dialogo e la convivenza sono possibili anche tra persone diverse sul piano etnico, culturale e religioso.
[Tratto dal volume "Quale primavera per i figli della Vedova? Treviso vista e vissuta dai massoni di una loggia del Grande Oriente d'Italia", Ogm editore, dicembre 2008, pp. 36-38].

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