Lo scorso 25 gennaio si è svolto al Consolato italiano a Nizza un convegno su "La Contea di Nizza alla vigilia dell'Unità d'Italia: società e identità culturali". Il prof. Giulio Vignoli, che ha partecipato alla Giornata di studio in qualità di relatore, mi ha rilasciato la breve intervista che segue.
Prof. Vignoli, secondo Lei, sotto il profilo culturale sono emersi, nel corso di questa giornata studi, dei dati o delle riflessioni importanti?
Sì, sono emersi dati e riflessioni importanti in quanto è la prima volta, a quanto mi risulta, che studiosi italiani abbiano espresso a Nizza opinioni discordanti da quelle delle autorità francesi e da quelle di una schiera di "studiosi" locali. Cioè che a Nizza esisteva una componente culturale italiana, forse maggioritaria. Non hanno fatto però nessuno accenno del perché questa poi si fosse estinta. Molto più seguaci della "vulgata" i relatori francesi presenti.
In generale, questa giornata di studio si è rivelata come un'occasione proficua per i vari studiosi della contea di Nizza?
Non so se i relatori italiani siano riusciti a scalfire i dogmi francesi, e cioè che Nizza e la Contea erano francesi da sempre come lingua e cultura.
Chi ha organizzato questa Giornata di studio e il Consolato italiano che atteggiamento ha assunto nei confronti delle tesi esposte dai vari studiosi?
Gli organizzatori erano associazioni culturali piemontesi, e il Consolato di Nizza ha dato la sua disponibilità. I funzionari del Consolato non sono mai intervenuti, finché non ho parlato io.
A questa giornata di studio, Lei, involontariamente, si è trovato a vivere una spiacevole situazione. Può spiegare cosa è successo?
Nel mio ultra breve intervento, in tutto 9 minuti cronometrati dal funzionario, ho anche accennato alla persecuzione francese nei confronti degli intellettuali nizzardi filo italiani (deportazione, esilio, chiusura dei giornali italiani, delle scuole, ecc.). A questo punto sono stato interrotto con grande villania e allontanato dal microfono. A mio giudizio questo comportamento fu dettato dalla paura del Consolato di "turbare" il clima di sottomissione in auge fra gli studiosi italiani a principiare dalla fine dell'ultima guerra.
In generale, secondo Lei, qual è l'orientamento degli storiografi italiani in merito alla cessione di Nizza del 1860?
In genere gli storici italiani non se ne occupano. A me risultano solo tre nomi: Achille Ragazzoni, Mola di Nomaglio ed io. Mola era presente al convegno e prese la parola dopo di me, ribadendo brevemente quanto avevo detto, come a difendermi. Con me ha espresso solidarietà anche il pubblico. Il mio libercolo è andato a ruba e mi sono state anche promesse recensioni.
Vorrei anche aggiungere che alcuni studiosi italiani hanno un'ottica molto curiosa. Ad esempio Roman Rainero ha scritto varie cose sull'occupazione italiana di Nizza durante l'ultima guerra, e così il suo allievo Cuzzi. Essi osservano giustamente che l'adesione all'Italia da parte delle popolazioni locali durante l'occupazione militare italiana, fu assai poca. Verissimo, ma manca il prologo, non dicono che la Francia dal 1860 al 1940 aveva fatto strame della componente culturale italiana. A voce non negano questo, ma non lo scrivono.
Qual è, in sintesi, la sua opinione su Camillo Benso conte di Cavour?
E' un mio padre spirituale assieme a Mazzini, Vittorio Emanuele II e Garibaldi (il più schietto e quindi il più amato). Ma per Nizza, anche se vi fu costretto, Cavour si comportò malissimo. Tra l'altro affermò in Parlamento che Nizza era di cultura francese, pregiudicando gravemente il futuro. I francesi hanno buon gioco a ricordarcelo.
Lei è iscritto all'Associazione “Nizza italiana” che, tra i suoi fini, intende promuovere l’identità storico-culturale e linguistica italiana, sviluppando nei confini geografici italiani il sentimento d’italianità e alimentando i legami socio-culturali dei connazionali all’estero con la madre patria. Ha senso, oggi, trattare questi argomenti e coltivare il sentimento d'italianità?
Ricordo una bellissima frase di Niccolò Rodolico: "Finché olio arde nella lampada è dovere tenerla accesa". La situazione attuale fa temere per la stessa nazione italiana, ma la storia insegna che molte nazionalità sono risorte. A voi tenere accesa la lampada.
(a cura di Carlo Silvano)
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