VILLORBA (TREVISO) - Ho conosciuto don Aniello Manganiello in occasione di un incontro svoltosi nella Casa della comunità di Villorba dedicato al suo libro intitolato "Gesù è più forte della camorra", e da allora ho iniziato a "seguirlo" e a "frequentarlo" tramite facebook: i sedici anni che don Aniello ha trascorso a Scampia come parroco lo hanno certamente arricchito sia sotto il profilo umano che spirituale e allora la sua testimonianza è di grande utilità per quanti sono impegnati a "vivere" nella propria comunità parrocchiale. Qui di seguito una breve intervista che don Aniello mi ha rilasciato sulla figura del parroco, cioè su una persona chiamata ad assumersi tante responsabilità e che per tanti tanti dev'essere un valido punto di riferimento per la propria crescita cristiana.
Don Aniello, per indicare le parrocchie ci sono diverse espressioni come, ad esempio, “comunità parrocchiale” e “famiglia parrocchiale”. Lei quale definizione preferisce usare?
La definizione che mi è sempre piaciuta è... parrocchia che intendo come comunione di persone, di battezzati , di cristiani di gruppi, di associazioni e di movimenti, uniti dalla stessa fede nell'unico Signore, e impegnati a costruire un mondo migliore e in cammino verso la casa del Padre...
La parrocchia come una casa...
Sì, come una casa costruita sulla roccia, dove è bello abitare, dove si sperimenta l'accoglienza, il perdono reciproco e quello del Padre, dove ci si allena ad essere lievito, sale e luce. Questa la parrocchia che sogno e che vorrei, fino a poter dire, come gli apostoli, "come é bello stare qui!".
In alcune parrocchie il parroco è all’apice di un’invisibile piramide gerarchica, in altre è al centro di un cerchio che accoglie tutti i membri della comunità ponendoli su uno stesso piano. Secondo lei, in una parrocchia quale ruolo deve assolvere il parroco?
Il parroco è l'animatore della realtà parrocchiale. Guida, suggerisce, promuove, si confronta, coinvolge, cammina a fianco dei fedeli, delega, condivide progetti e percorsi pastorali, non è superbo, non è attaccato alla sedia, ma vive in mezzo alle persone, cristiane e non. Valorizza gli organismi parrocchiali come il consiglio pastorale e il consiglio degli affari economici, tracciando assieme ai laici il cammino pastorale e assieme ai laici verifica il cammino compiuto.
Quale legame, secondo lei, può o dovrebbe avere il parroco uscente con la comunità che ha lasciato e che, magari, ha guidato per decenni?
Io ho guidato la mia comunità parrocchiale a Scampia per 16 anni. Dopo 16 anni ho accettato con grande difficoltà il trasferimento. Non è facile accettare di buon grado. In tanti anni sono nati tanti legami e tante relazioni. Questo mi ha spinto a tornare spesso a Napoli nel Rione don Guanella per visitare, incontrare, sostenere le persone. Ho scelto il profilo basso nelle visite e negli incontri. Le difficoltà le ho incontrate nell'atteggiamento quasi ostile del sacerdote che mi ha sostituito nella cura della parrocchia. A questo si unisce un costume assai diffuso che è quello di distruggere tutto quello che il parroco precedente ha messo in campo. Non è bello questo comportamento. I fedeli si accorgono e spesse volte maturano la decisione di abbandonare la parrocchia e di inserirsi altrove. Un'accoglienza fraterna del parroco e una grande discrezione del parroco precedente potrebbe essere la strategia per mantenere nel tempo legami che si sono costruiti in anni di permanenza e di percorsi pastorali.
Don Aniello, certamente spetta al Vescovo diocesano assumersi la responsabilità di nominare i parroci ma, secondo lei, in questo difficile compito è opportuno che il Vescovo comunichi con un certo anticipo alla comunità parrocchiale la sua decisione di nominare un nuovo parroco, dando così il tempo di organizzare delle assemblee parrocchiali che, in maniera responsabile, si interroghino sul cammino pastorale compiuto negli ultimi anni e provare a delineare quali obiettivi pastorali porsi per il futuro?
Sicuramente positiva l'idea di mettere in campo iniziative, incontri tra il Vescovo e la comunità parrocchiale nell'occasione del trasferimento del parroco ad altra sede. Il Vescovo farebbe cosa a condividere i motivi per cui ha deciso il trasferimento, ad ascoltare il dissenso e le ragioni del dissenso che serpeggiano tra i fedeli. In genere il popolo non viene ascoltato. Eppure nei primi secoli del Cristianesimo nella scelta del parroco e del Vescovo, molto contava il parere del popolo di Dio. Da molti secoli non è più cosi.
Quali riflessioni si sente di proporre sul mancato coinvolgimento delle parrocchie nella scelta del parroco operata dal Vescovo diocesano?
L'ultimo documento del Vaticano sulla celebrazione dei sacramenti, in modo profetico, apre ai laici come celebranti e questo nella celebrazione del battesimo, dei matrimoni e dei funerali. Allora perché non si mette in essere un'altro passo nel coinvolgimento dei laici? Indicare appunto il sacerdote per la guida di una parrocchia e un Vescovo nella guida di una diocesi. Tutto questo avveniva già nei primi secoli del Cristianesimo. (a cura di Carlo Silvano)
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L'intervista a don Aniello Manganiello è stata curata da Carlo Silvano autore di diversi volumi. Per informazioni cliccare su LIBRI DI CARLO SILVANO
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