La richiesta del Pubblico ministero di Brescia
sul caso di maltrattamenti coniugali:
un appello fuori luogo che può alimentare
il femminicidio e dividere la società
BRESCIA. In Italia la giustizia è fondata sul rispetto delle leggi della Repubblica Italiana, un principio che dovrebbe essere indiscutibile. Tuttavia, recentemente, una richiesta del Pubblico ministero durante un processo per maltrattamenti coniugali a Brescia ha sollevato una serie di preoccupazioni e polemiche.
Nel caso in questione, un uomo proveniente dal Bangladesh è stato accusato di maltrattamenti fisici e psicologici nei confronti della sua moglie, anche lei del Bangladesh, ma cresciuta in Italia. Ciò che rende questa richiesta del Pubblico ministero così controversa è la sua argomentazione, secondo cui i maltrattamenti sarebbero “il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge”. Di conseguenza, il Pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione dell’uomo.
Questa richiesta ha suscitato indignazione e un acceso dibattito in tutta Italia. E con ragione! È fondamentale sottolineare che in Italia le leggi sono chiare e inequivocabili quando si tratta di maltrattamenti coniugali. Non esiste alcuna giustificazione accettabile per il maltrattamento fisico o psicologico di un coniuge o compagno, indipendentemente dalle origini culturali o dalla provenienza. L’idea che gli abusi possano essere giustificati o minimizzati in base alla cultura è inaccettabile e pericolosa.
Questa richiesta del Pubblico ministero non solo offre linfa alla mala pianta del femminicidio, ma scava anche un solco più profondo tra la società italiana e la comunità del Bangladesh. Il messaggio che trasmette è che alcuni individui potrebbero essere esenti dalla legge a causa della loro origine culturale, un concetto che va contro i principi di uguaglianza e giustizia che dovrebbero essere al cuore di qualsiasi sistema legale.
Dall’altra parte della vicenda c’è una giovane madre, che ha avuto il coraggio di denunciare gli abusi subiti, nonostante la minaccia costante di essere portata definitivamente in Bangladesh. La sua testimonianza dovrebbe essere ascoltata e rispettata, e non dovrebbe essere messa in dubbio sulla base dell’origine culturale. Il coraggio di questa donna dovrebbe ispirare la società a condannare fermamente ogni forma di violenza domestica.
In un momento in cui la lotta contro la violenza di genere è una priorità in Italia e nel mondo, è fondamentale che la legge sia applicata in modo uniforme e che le vittime di abusi siano protette. La richiesta del Pubblico ministero in questo caso va contro questi principi fondamentali e deve essere respinta. La giustizia deve prevalere, indipendentemente dalle origini culturali, e la società italiana deve rimanere unita nel suo impegno contro il femminicidio e la violenza domestica.
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