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Gesù Cristo? E' la Seconda Persona della Trinità


La questione della divinità di Gesù Cristo è centrale nella fede cristiana e costituisce il fondamento stesso della rivelazione neotestamentaria. I Vangeli sinottici e il Vangelo di Giovanni presentano numerosi passi in cui Gesù non solo manifesta la sua natura divina, ma la conferma attraverso parole e segni inequivocabili. L’analisi di tali testi permette di comprendere come la primitiva comunità cristiana abbia riconosciuto in Lui il Figlio di Dio fatto uomo.

Uno dei passi più significativi si trova nel prologo del Vangelo di Giovanni: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio" (Gv 1,1). Questa affermazione stabilisce senza ambiguità che Gesù, il Verbo incarnato, è Dio stesso. Più avanti, lo stesso evangelista dichiara: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14), evidenziando l’incarnazione come atto supremo di rivelazione della divinità di Cristo. 


 Nei Vangeli sinottici, la divinità di Gesù emerge in vari modi. Un episodio emblematico è il perdono dei peccati concesso al paralitico: "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati" (Mc 2,5). Gli scribi, scandalizzati, reagiscono dicendo: "Chi può rimettere i peccati, se non Dio solo?" (Mc 2,7). Gesù conferma la sua autorità divina compiendo un miracolo che attesta la verità delle sue parole. Allo stesso modo, durante la tempesta sedata, i discepoli, sbigottiti, si domandano: "Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?" (Mc 4,41), riconoscendo implicitamente un potere riservato a Dio.

Uno dei momenti più solenni in cui Gesù afferma esplicitamente la sua identità divina avviene nel dialogo con Pietro. Alla domanda: "Ma voi, chi dite che io sia?", Pietro risponde: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,15-16). Gesù non solo accoglie questa confessione, ma la attribuisce a una rivelazione diretta del Padre. Più avanti, interrogato dal sommo sacerdote Caifa sulla sua identità, Gesù risponde: "Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo" (Mc 14,62), riprendendo il linguaggio profetico di Daniele e affermando la sua uguaglianza con Dio. 


Nel Vangelo di Giovanni, le dichiarazioni di Gesù sulla sua divinità sono ancora più esplicite. Egli afferma: "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Gv 10,30), suscitando l’ira dei Giudei che lo accusano di bestemmia, poiché si fa "uguale a Dio" (Gv 10,33). Nel dialogo con Filippo, Gesù dichiara: "Chi ha visto me, ha visto il Padre" (Gv 14,9), ribadendo la sua piena unità con il Padre. Infine, dopo la risurrezione, Tommaso, incredulo, si prostra davanti a Lui e lo adora dicendo: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28), riconoscendolo apertamente come Dio.

La testimonianza evangelica sulla divinità di Gesù trova conferma nei segni e nei miracoli da Lui compiuti, nella sua autorità sulle leggi della natura, sulla malattia, sulla morte e sul peccato. La sua risurrezione dai morti costituisce il sigillo definitivo della sua identità divina, confermata dalla predicazione apostolica e dalla fede ininterrotta della Chiesa. Riconoscere Gesù come Dio non è solo un atto di fede, ma il cuore stesso della rivelazione cristiana, in cui Dio si è fatto vicino all’uomo per redimerlo e donargli la vita eterna. (Carlo Silvano)


 

Commenti

Anonimo ha detto…
Molto chiaramente e semplicemente metti in risalto
Ciò che contraddistingue la nostra fede cristiana legata alla persona di Gesù, che e' vero Dio ,oltre che vero uomo,citando i passi dei vangeli che evidenziano questa verita'...e' tutto così chiaro, chissa' perche' non e' stato compreso da molti . Nessuna religione ha un Dio come il nostro, un Dio che e' amore,un Dio che ha donato suo figlio al mondo e che attraverso di lui ci ha insegnato tutto in quei 33 anni condivisi in mezzo a noi uomini, un Dio figlio che ci ha insegnato la via da percorrere per essere felici e raggiungere il Suo Regno per farne parte per sempre e vivere in eterno.
Anonimo ha detto…
La tua bella riflessione sulla natura divina di Gesù, caro Carlo, mi ha indotto a ripensare su questo fondamentale argomento.
Certo la natura divina di Gesù e la sua figliolanza da Dio costituiscono il pilastro portante e la pietra angolare della nostra Fede: solo la morte e resurrezione del Figlio di Dio infatti danno un senso e un valore a ciò che crediamo e speriamo, e anche al contenuto della nostra preghiera.
Per chi sa e vuole intendere, inoltre, essa traspare in tutta la Scrittura, fino all’Apocalisse di Giovanni.
Su di essa si fonda poi (e da essa non può prescindere) anche la Natura Trinitaria di Dio come noi lo crediamo e affermiamo.
Il Logos esistente ab aeterno si è incarnato attraverso un concepimento verginale che solo l’Essere Trinitario poteva realizzare. Così in Luca l’angelo annunzia a Myriam che il figlio che in Lei sta per essere generato “sarà chiamato Figlio dell’Altissimo”, e poi aggiunge: “su te stenderà la sua ombra al potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque chiamato Figlio di Dio”.
Ripetute sono in seguito le conferme (senza contare il grandioso Prologo di Giovanni), a cominciare dal battesimo nel Giordano (“tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto”), e poi la tentazione nel deserto (Satana dice: “se tu sei Figlio di Dio…), la trasfigurazione sul monte Tabor (Questo è il Figlio mio diletto…), nel Getsemani (Padre, se puoi allontana da me questo calice…), durante l’ultima cena “nella casa del Padre mio vi sono molte dimore”), sulla Croce (“Padre nelle tue mani consegno il mio spirito”). Mi viene in mente anche la parabola del padrone della vigna, che alla fine manda suo figlio, come una chiara allusione di Gesù a se stesso.
Gesù è il primo in assoluto a chiamare “Padre” Dio (cosa fino ad allora inaudita!), e poi ha insegnato anche a noi a farlo.
Affermato dai concili di Nicea (in cui viene dichiarata la consustanzialità di Colui che è generato e non creato), Costantinopoli, Efeso, Calcedonia, il valore di questo fatto sembra poi confermato, per assurdo, nella Storia, dalle tante eresie che hanno cercato di negarlo, demolirlo, snaturarlo, deformarlo: ariana, nestoriana, monofisita, docetista e catara, gnostiche (emanatismo), solo per citarne alcune.
Ti chiedo scusa per questi appunti buttati giù così di getto, ma ti ringrazio per avermi riportata su un tale argomento.
Un caro saluto, Cinzia (Mogliano Veneto)
Anonimo ha detto…
Carlo il tuo articolo sulla divinità di Cristo è molto bello e fa riflettere molto sul fatto che un Dio abbia potuto incarnarsi nella Vergine Maria per redimere l'uomo e ricreare attraverso la sua imitazione una umanità nuova come all'origine.
Le persone di quel tempo facevano molta difficoltà a credere che fosse il figlio di Dio perché il cuore dell'uomo è duro.
Nella Sacra Scrittura si dice che il cuore dell'uomo è iniquo e difficilmente può cambiare.
Solo la grazia che interviene nel vedere il nostro desiderio può cambiare il cuore.
L'uomo Dio è un mistero grande mi attrae e mi fa comprendere che si può cambiare se l'uomo capisce di essere amato dal Padre e redento da Figlio e aiutato interiormente da Spirito Santo per acquisire la vita eterna....questo è il nostro obiettivo e riflettendo su tutto quello che hai scritto ci sono le motivazioni per apprendere e consolidare questo cammino con il Signore.
Questo articolo rivela anche quanto studio c'è da parte tua della Sacra Scrittura.
Nella fede è molto importante la conoscenza perché. Solo così Dio si rivela.
Grazie Carlo del tuo impegno e della tua testimonianza.
Caterina
Carlo Silvano ha detto…
Gesù nel Vangelo di Giovanni (8,46-59) afferma: «Prima che Abramo fosse, Io Sono». Non è solo una frase enigmatica, è una rivelazione potente. In quelle parole, Gesù si identifica con Dio stesso, eterno, presente prima del tempo. I suoi ascoltatori lo capiscono bene, tanto che vogliono lapidarlo per bestemmia. Ma proprio lì sta la verità che cambia tutto: Gesù non è soltanto un uomo saggio o un maestro ispirato, è Dio che si è fatto vicino.
Questa verità non è lontana da noi. Riconoscere Gesù come “Io Sono” significa lasciarlo entrare nelle pieghe della nostra vita quotidiana. Vuol dire cercarlo nel silenzio, nei momenti in cui abbiamo bisogno di luce, quando siamo chiamati a scegliere tra il comodo e il vero. La sua divinità non è un concetto astratto, è una presenza che accompagna, guida, ama. Quando lo riconosciamo per ciò che è, anche noi iniziamo a vivere con uno sguardo nuovo: non più ripiegati su noi stessi, ma rivolti all’eterno che cammina con noi.

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