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Don Guido Santalucia presenta "Memoria di realtà intraviste"


Lo scorso 2 aprile a Camposampiero, in provincia di Padova, don Guido Santalucia ha presentato il volume "Memoria di realtà intraviste" (Ogm editore 2008). Propongo, qui di seguit, un breve resoconto firmato da Marisa Restello.

Se già il titolo propone una dinamica tra ciò che già è stato e ciò che all’orizzonte appena si intravede, don Guido Santalucia, un giovane prete quasi novantenne, nel parlare del libro ne aggiunge un’altra: tra la generazione prima del Concilio e quella dopo.
Il preside Armando Fiscon aveva ricordato all’inizio che la collana “Questioni di identità” cui il libro appartiene, si propone di indagare la realtà dei nostri giorni facendola emergere dalla voce dei protagonisti nella ricchezza delle sue variabili, grazie al metodo elaborato dal suo curatore Carlo Silvano.
Un forte interesse ha destato don Santalucia incastonando le cinque interviste che compongono il libro, nella storia che la società e la Chiesa hanno vissuto nel periodo del Concilio e della sua iniziale e malsicura realizzazione (periodo in cui tuttora ci troviamo).



La profondità dei cambiamenti portati premeva sulla staticità ecclesiale e civile, le istituzioni ponevano resistenza causando vigorosi dibattiti e anche dolorose tensioni. Nel modo di intendere l’educazione, per esempio, nel determinare il posto che la responsabilità e la fiducia hanno nella formazione delle giovani generazioni, giovani preti compresi. Ebbene, nella comprensione di Mons. Santalucia, il dialogo che si sviluppa tra le personali esperienze di questi preti di generazione diversa, è un ulteriore approfondimento della storia umana, sociale e religiosa del periodo.
Ho letto recentemente un interessante studio su come la lettura cambia sia il lettore che il testo letto. Questa reciproca maturazione è risultata molto vera nella presentazione del piccolo libro in oggetto, anche perché lo abbiamo ri-accolto quasi rinnovato e integrato dalla passione evangelica ed esperienziale del relatore.


Dal Concilio Vaticano II nasce un desiderio di essere preti in modo nuovo, si colgono esigenze e attese inespresse prima. C’erano nella zona di Castelfranco Veneto (Tv), come in tutta la provincia del resto, forti situazioni di ingiustizia che venivano dolorosamente ma rassegnatamente accettate nella società sia agricola che industriale. Il nuovo fermento e la nuova consapevolezza rimette in questione questa passività, il contatto con il Vangelo risveglia un più intenso desiderio di giustizia. Questo porta tensioni e conflitti, ma fa camminare e la Chiesa (almeno una grande parte di essa) non si tira indietro né si pone al di sopra, ma si domanda da quale parte starebbe Gesù e si mette decisamente da quella parte, costasse anche la rottura di antiche alleanze.


Il dibattito seguito alla presentazione ha ulteriormente approfondito questo tema. Molti degli obiettivi del Concilio sono ancora un sogno, ma noi non siamo disposti a lasciar perdere i nostri sogni, assicurava qualcuno. D’altra parte, diceva un altro, si intuisce nelle interviste una venatura di sofferenza per la difficoltà con cui le nuove esperienze sono accolte dalle istituzioni, e tuttavia proprio questa consapevolezza nella perseveranza del cammino manifesta il germe della profezia. Di qualcosa che attira da lontano ma conserva la sua parte di mistero e di difficoltà e si chiarifica, forse, nella misura che si procede e che si cammina insieme.
Non c’erano quasi giovani presenti all’incontro, ma le attese, le speranze,le energie emerse, quelle sì che erano colme di fresco entusiasmo e sincerità di dedizione perché un mondo più buono e giusto sia possibile!


[Marisa Restello]

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