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Pietro Bottino, Non ha futuro il popolo che non conosce la propria storia

Ciò che auspico per l'Italia, - il mio sogno -, è che ci sia una riscoperta di un sentimento di unità e di orgoglio per la nostra storia, manifestata in una piena espressione di consapevolezza ed al contempo come una forma di resistenza al livellamento nichilistico, che affligge purtroppo non solo la nostra Nazione. Il qualunquismo, la disinformazione, lo spirito denigratorio, ben lungi da una serena autocritica, la mancanza di interessi nelle più svariate fasce della popolazione, il materialismo e l'aridità, sono mali che attanagliano la nostra società”. 
(Pietro Bottino)

A parlare è Pietro Bottino (1980), laureato in Storia dell’Arte all’Università di Firenze e specializzato in Beni storici e artistici, ed ora impegnato anche a raccogliere del materiale bibliografico sulla questione della cessione alla Francia della contea di Nizza da parte del conte Camillo Benso di Cavour, così da poter scrivere e pubblicare un libro. “Solo con una piena consapevolezza della propria storia – continua Pietro Paolo – si può aspirare ad un futuro degno. La conoscenza è sinonimo di libertà, non sempre matrice di felicità e serenità, ma in ogni caso la consapevolezza dei fatti storici che riguardano le nostre radici sono una componente imprescindibile per chiunque si ritenga essere un individuo libero e non soggiogato dalla pseudo storia vera e propria 'vulgata', che non ha altro intento di rendere i singoli individui soggetti deboli ed isolati. Un popolo che non conosce la propria storia non ha futuro ed è predisposto a credere qualsiasi fatto gli venga imposto

Dott. Pietro Bottino, in che modo si potrebbe tenere viva la nostra memoria riguardo alla questione nizzarda?
Il Governo italiano potrebbe proporre il bilinguismo a Briga e Tenda, considerando che il Trattato di Parigi del 1947 è ormai lontano. Sarebbe interessante, ed in un certo senso gratificante, anche intitolare la piazza di fronte alla stazione di Sant'Agostino nella città di Ventimiglia 'Piazza Contea di Nizza', non certo come un messaggio bellicoso né di inimicizia nei confronti della Francia, ma come espressione di una ferma presa di posizione di quelli che un tempo furono i confini naturali di quella parte dell'Italia preunitaria. In Austria, nella città tirolese di Innsbruck la piazza della stazione centrale è intitolata come in un vero e proprio programma politico-culturale 'Südtiroler Platz'. 
(Briga, monumento al colonnello Giovanni Pastorelli)

La maggioranza dei Paesi dell'Unione europea hanno nel corso degli anni concesso il bilinguismo e l'autonomia e l'Italia è un'esempio virtuoso con le minoranze altotesine e slovene… 
La Francia, invece, non ha concesso niente di lontanamente simile alle popolazioni italiane, ad eccezione della Corsica,  deve in ogni caso è stato concesso l'uso del dialetto corso, ma non dell'italiano. Il privilegiare l'uso e la valorizzazione dei dialetti locali, mi vede concorde, poiché sono difese le tradizioni locali, ma purtroppo Parigi ha optato per il cosiddetto 'male minore', non riconoscendo l'italiano,  perché reo di creare un legame ben più forte con l'antica Patria, sebbene già il riconoscimento di un dialetto italiano sia già inequivocabilmente una netta manifestazione della reale e naturale appartenenza di un popolo assoggettato. Con questo tipo di politica adottato dalla Francia, l'Italia concederebbe l'uso del francoprovenzale in Valle d'Aosta, il cosiddetto patois, e non il francese, nella migliore delle ipotesi, oppure il solo uso dell'italiano. Infine, interessante e non privo di stimoli potrebbe essere una collaborazione con il Partito Nizzardo L.R.L.N. e il Centro di Studi Liguri di Bordighera. 

Quando e perché è nato il tuo interesse per le regioni definite irredente?
Ho sempre nutrito uno spontaneo interesse ed amore per le regioni segnate dalla 'cattiva sorte' e strappate all'Italia. Fin dall'infanzia avevo la piena consapevolezza dell'italianità di Nizza e della sua storia, anche grazie ai ricorrenti viaggi giornalieri dalla vicina Sanremo. Già in quegli anni avvertivo delle forti incongruenze, poiché l'architettura, l'atmosfera ed il paesaggio fossero un naturale prolungamento della mia Liguria, e come l'uso della lingua francese fosse un elemento stridente ed innaturale. La mia famiglia mi ha raccontato nell'occasione le vicende storiche che avevano portato a questa 'divisione innaturale' di un'unica regione. Ritengo fondamentale per il mio interesse rivolto alle regioni irridente italiane e non, la passione per la geografia e la storia, per cui mi fu regalato un atlante storico. Quando si ama la propria Nazione, sia sotto un'ottica unitaria sia da un punto di vista regionale, nel quale le differenze e le particolarità offrono un'impareggiabile mostra di quanto l'Italia possa essere un Paese multiforme e perciò straordinario, non si può non convenire, se si ha una minima consapevolezza della storia, che esiste una vera e propria 'altra Italia' non di minore bellezza, purtroppo rimasta fuori dai nostri attuali confini. L'ex Contea di Nizza, la Savoia, la Corsica, il Canton Ticino e Grigioni, la Venezia Giulia, il Quarnaro, la Dalmazia, Malta, sono territori che nelle loro particolarità raccontano e descrivono interi capitoli nel racconto della nostra Italia, non con una minore schiettezza e forza delle regioni che siamo abituati a considerare parti integranti del nostro Paese. Sono tutte propaggini, non prive di interessanti e ricche particolarità, di regioni come la Liguria e Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Veneto, Toscana e Sicilia. Tra queste regioni non posso naturalmente non privilegiare i territori che fanno parte delle mie radici non solamente da un punto di vista elettivo, culturale, ma in questo caso il Nizzardo mi riguarda ancor più in prima persona, essendo per metà ligure. 

Che cosa ti ha spinto a raccogliere del materiale per scrivere un libro? Personalmente ho sempre avuto forti difficoltà ad accettare le ingiustizie e le spudorate mistificazioni per far apparire la realtà come qualcosa di differente da ciò che realmente è o che al limite dovrebbe essere, con l'aggravante che spesso queste situazioni sono accompagnate da una purtroppo diffusa inconsapevolezza da parte della cosiddetta 'categoria' offesa. Provo ogni volta un sottile e fastidioso senso di rimostranza interiore quando sento italiani affermare di essere stati in 'Francia' dopo aver trascorso una vacanza o poche ore giornaliere nei territori del Nizzardo senza avere la minima consapevolezza di dove realmente siano stati. Spesso si sentono pronunciare nomi o toponomastiche in lingua francese, per 'agnosticismo' o per l'idiota credenza di esser stati in un luogo lontano e di conseguenza esclusivo.
La ricostruzione e l'analisi storica della Contea di Nizza può essere intesa come una preziosa integrazione ad un'unica storia regionale della Liguria, divisa storicamente dal governo della Repubblica di Genova, del Principato dei Grimaldi ed i territori sabaudi; la Toscana storica, ad esempio, aveva territori con corti e governi autonomi al Granducato, come il Ducato di Lucca e lo Stato dei Presidi, territori in ogni caso culturalmente uniti al resto della regione. Spesso le divisioni politiche sono state fonte di debolezza dell'Italia preunitaria, ma anche la fonte di tanta ricchezza culturale. 

A chi dedicherai questo tuo libro?
Dedicherò il mio impegno e la mia pubblicazione a tutti coloro che soffrirono per la cessione della Contea di Nizza e della Savoia alla Francia, uomini rimasti divisi da un confine creato dalla miopia umana e dai biechi ed opportunistici calcoli politici. Per tutti coloro che dovettero sopportare la prepotenza, le angherie e la sopraffazione di un nuovo governo, che negava l'esistenza di un popolo, attuando una violenta francesizzazione con un piano di sradicamento e di vero e proprio genocidio culturale. Così ho pensato a tutti coloro che si batterono per l'italianità di Nizza con la diplomazia, con la penna del giornalismo, alle associazioni culturali fino a quelli che dettero la vita per la causa nel Secondo conflitto mondiale o che subirono la vendetta 'gallica' nel secondo dopo guerra.

Quali sono le tue fonti?
Le fonti da cui sto traendo preziose informazioni sono la non limitata bibliografia sulla questione nizzarda, contributi che negli ultimi decenni sono stati tralasciati e considerati dalla storiografia come motivo di imbarazzo nei confronti dei nostri 'cugini' d'oltralpe, e conseguentemente decisamente ridotta nel numero di pubblicazioni. Inoltre, la mia personale analisi tratta dai viaggi condotti sul territorio ha portato ad analisi su molteplici aspetti.

Cosa ti proponi di ottenere pubblicando un libro sulla contea di Nizza?
Non conoscere o possedere vaghe ed approssimative informazioni di fatti sia storici che presenti, erroneamente spacciati come appartenenti a popolazioni confinanti, quali sono i nizzardi, garantisce e ravviva ogni giorno un'ulteriore divisione territoriale e culturale, che purtroppo vive già a livello politico. Purtroppo, l'Italia subisce da decenni una sudditanza politica e culturale, che rende a dir poco idealistica qualsiasi forma di riconoscimento identitario di una popolazione di radici italiane. Basti pensare alla 'questione' dell'alta val Roya, dove grazie al bluff del plebiscito, imposto alla fine della Seconda guerra mondiale, fu negato di fatto qualsiasi forma di bilinguismo, diritto imprescindibile alle cosiddette 'minoranze' all'interno di una nazione, che si ritenga democratica e civile. I lettori del mio volume avranno gli strumenti per individuare tutti i monumenti ed i luoghi che sono stati e sono tutt'oggi il segno inequivocabile che il Nizzardo fu nient'altro che un estremo lembo di Liguria. Quando visiteranno i centri costieri o dell'entroterra si sentiranno come nel resto della Liguria italiana e per certi aspetti Piemonte, non più per una qualche vaga reminiscenza scolastica o per il confronto inevitabile con le regioni italiane confinanti, ma auspico per una più consapevole presa di coscienza. 

Come ultima domanda ti chiedo qual è la tua personale opinione sulla francesizzazione del monumento al colonnello Giovanni Pastorelli di Briga?
Ritengo la francesizzazione del monumento del colonnello Pastorelli, purtroppo come una manifestazione in linea con la politica transalpina di rendere 'francese' tutto ciò che sfortunatamente viene assorbito all'interno della Repubblica 'giacobina'. Il centralismo parigino e la lotta a qualsiasi forma di differenza come è noto, si è manifestato con tutti i popoli stranieri assoggettati. La propaganda ha creato monumenti bugiardi e sfacciatamente faziosi, come la 'Marianne', sono stati inventati 'retachement' mai realmente esistiti, sono stati imposti nomi francesi ai nascituri e agli estinti, financo cancellare le iscrizioni italiane dalle lastre tombali o dai monumenti. 
(a cura di Carlo Silvano)
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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di diversi volumi
"Breve storia di Nizza e di altri territori italofoni", di Carlo Silvano, edizione Youcanprint
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"Liberi reclusi. Storie di minori detenuti" di Carlo Silvano, ed. Youcanprint.
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