Dal palco della Festa dell’Unità di Napoli, alle Terme di Agnano, il 1° ottobre 2023, Vincenzo de Luca, Presidente della Regione Campania, demolì il suo stesso partito: «Dentro il Partito Democratico c’è un tasso altissimo di presunzione. Ci sentiamo moralmente superiori, ma spesso siamo inferiori. Presuntuosi e inconcludenti». Non erano parole di un avversario, ma di un esponente conosciuto a livello nazionale e, all’epoca, il più votato del Pd in Italia, che parlava davanti alla sua stessa base.
De Luca non usò giri di parole: dirigenti «maleducati», «imbecilli», correnti che si nutrivano di se stesse e un partito incapace persino di «organizzare una gita». Poi l’annuncio: «un’operazione verità», un giro per raccontare direttamente ai cittadini la sua idea di politica.
Al netto dello stile ruvido, il punto era serio: se il Pd continuava a rifugiarsi nella retorica della superiorità morale senza produrre risultati concreti, se non affrontava il correntismo che paralizzava ogni decisione e se non si radicava davvero nel Mezzogiorno, il rischio era quello di consegnarsi all’irrilevanza.
Le sue parole potevano infastidire, ma non potevano essere liquidate come folclore: fotografavano debolezze reali, che l’elettorato percepiva ogni giorno. Il Pd aveva una scelta: difendersi insultando chi criticava o affrontare di petto i nodi che logoravano la sua credibilità.
Ignorare quell’attacco avrebbe significato confermare l’accusa più dura di tutte: essere davvero «presuntuosi e inconcludenti».
Ho spesso riflettuto su quelle accuse di Vincenzo De Luca, che mi hanno spinto a scrivere pagine su pagine...
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