«Signore, non sono degno…».
Una preghiera che ci avvicina a Gesù
Durante la Santa Messa in Vetus Ordo, prima della Comunione, i fedeli insieme pronunciano la seguente preghiera:
«Dómine, non sum dignus,
utintres sub tectum meum;
sed tantum dic verbo,
et sanábitur ánima mea»,
ovvero:
«Signore, non sono degno
che Tu entri sotto il mio tetto;
ma dì una sola parola
e l’anima mia sarà guarita».
Sono
parole brevi, ma molto profonde. Vengono dal Vangelo, quando un
centurione — cioè un ufficiale romano — chiese a Gesù di guarire il suo
servo malato. Non si sentiva degno di riceverlo in casa, ma aveva una
grande fede nella sua parola. Gesù, colpito da questa fiducia, guarì il
servo a distanza.
Nella Messa in Vetus Ordo questa
frase è pronunciata con calma, spesso tre volte, ed è accompagnata da
un gesto: ci battiamo il petto, come segno di umiltà. È un momento in
cui riconosciamo che, da soli, non siamo all’altezza di ricevere Gesù,
ma sappiamo che Lui ci ama e può guarirci. La Comunione è proprio
questo: non un premio per chi è perfetto, ma un dono per chi si affida a
Dio con fede e cuore sincero.
Il Vetus Ordo
ha gesti lenti, silenzi e preghiere che aiutano a sentire il Mistero e
il rispetto davanti all’Eucaristia:è un modo vivo di pregare che può
ancora oggi insegnarci tanto,ovvero a fermarci, a ringraziare, a
sentirci piccoli davanti a Dio.
Anche papa Leone XIV, nelle sue prime omelie, ha parlato spesso della parola
di Gesù che guarisce e della Chiesa come casa accogliente per tutti. Ha
ricordato che, se ci sentiamo fragili o “non degni”, è proprio lì che
il Signore può entrare e fare meraviglie. Come il centurione, possiamo
fidarci di Lui: basta una sola parola per rimetterci in piedi.
Quando
diciamo «Signore, non sono degno…» non dobbiamo scoraggiarci. Al
contrario, stiamo aprendo la porta del cuore a Colui che, con amore e
potenza, viene a guarirci e a unirci più a Lui. (Carlo Silvano)
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