Riscoprire il sacro:
l’essenza della Messa Tridentina
oltre la lingua latina
Nell’immaginario comune, la Messa secondo il rito tridentino — o "Vetus Ordo" — è spesso percepita come un’esperienza riservata a pochi eletti, magari esperti conoscitori del latino o nostalgici di un’epoca passata. Tuttavia, questa visione è profondamente riduttiva e rischia di far perdere di vista ciò che realmente costituisce il cuore di questa celebrazione: la fede nella presenza reale di Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento dell’altare.
Il primo vero requisito per accostarsi con frutto alla Messa tridentina non è la comprensione della lingua latina, ma la disposizione interiore del fedele che riconosce, adora e ama il mistero del Dio vivente che si rende presente sull’altare attraverso la consacrazione del pane e del vino in Corpo e Sangue di Cristo Gesù. È questa fede, semplice e profonda, a rendere viva e comprensibile la liturgia, anche se espressa in una lingua non parlata quotidianamente. Il latino, in questo contesto, non è un ostacolo, ma un velo che custodisce il Mistero, invitando il fedele a entrare in un atteggiamento di adorazione, silenzio e raccoglimento.
Nelle comunità tradizionali, sono tante le persone che non conoscono il latino, ma che seguono con attenzione e partecipazione grazie a libretti bilingue, dove il testo della Messa è riportato sia in latino che in italiano. La struttura stessa della Messa tridentina, con la sua ripetitività e il suo ritmo contemplativo, favorisce una partecipazione silenziosa e orante, più che intellettuale. In questo contesto, il fedele non è spettatore, ma si unisce interiormente al sacrificio che si rinnova sull’altare.
Un altro elemento che rende difficile, se non impensabile, la celebrazione del rito tridentino nelle parrocchie è la mancanza di un terreno spirituale comune. Le parrocchie oggi sono spesso frequentate da persone con credenze e valori molto diversi, talvolta addirittura in contrasto con il magistero della Chiesa: vi sono cattolici favorevoli all’aborto, all’unione tra persone dello stesso sesso, sostenitori della reincarnazione o che mettono in dubbio la divinità di Cristo. In un simile contesto, introdurre il rito tridentino rischierebbe non solo di generare confusione, ma di svuotarlo del suo significato più profondo. Il rito antico presuppone un’adesione chiara e condivisa alla fede cattolica nella sua interezza, al Vangelo, al Catechismo, ai dogmi, ai sacramenti, alla tradizione della Chiesa.
Nelle comunità di fedeli legati alla Messa tridentina, invece, esiste un’unità di intenti e di fede che rende possibile vivere la liturgia in modo autentico e coerente. Qui non si tratta di un ristretto gruppo di persone, ma di credenti che, pur con i propri limiti, desiderano vivere la fede cattolica nella sua pienezza, nella sua bellezza e nella sua verità. La Messa tridentina diventa così espressione di una fede incarnata, che coinvolge tutta la persona — mente, cuore e corpo — in un gesto rituale che trascende il tempo e lo spazio.
È importante ricordare, infine, che la Messa cosiddetta “di Paolo VI” o “Novus Ordo”, celebrata in lingua italiana, mantiene molti degli elementi fondamentali del rito latino, anche se con alcune differenze significative, come la posizione del sacerdote rivolto verso l’assemblea. Tuttavia, l’impianto resta simile perché il cuore della liturgia è sempre lo stesso: il sacrificio di Cristo reso presente sacramentalmente.
Riscoprire la Messa tridentina, quindi, non è un esercizio di nostalgia, ma un atto di amore verso la Chiesa e verso la fede cattolica nella sua forma più solenne e sacra. È un invito a rientrare nel mistero con timore e tremore, con l’umiltà di chi sa che sta entrando in contatto con il Mistero più grande: Dio fatto carne, offerto in sacrificio per la salvezza del mondo. (Carlo Silvano)
Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi. Per informazioni cliccare sul collegamento che segue: Libri di Carlo Silvano
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