E’ stata molto buona l’accoglienza che il pubblico ha riservato a don Olivo Bolzon chiamato a presentare il suo libro intitolato “Diario. Un prete della diocesi di Treviso racconta la propria esperienza lavorativa come spazzino nella città di Colonia nel 1964”.
La manifestazione – svoltasi lo scorso 15 febbraio presso il palazzo della Provincia di Treviso – è stata promossa e organizzata dall’ente Provincia in collaborazione con l’Associazione Trevisani nel Mondo, Unione Triveneti nel Mondo, Associazione Editori del Veneto e dal giornale on line “Veneti nel Mondo”.
Ad aprire i lavori è intervenuto l’assessore provinciale alla Famiglia e all’Emigrazione, Barbara Trentin, che ha mostrato apprezzamento non solo per lo stile letterario dell’Autore, ma anche “per lo stile di personalità, per il suo amore e ricerca della novità, per il suo affrontare percorsi e strade nuove come quella dei ‹‹preti operai››, con la voglia di andare oltre gli schemi convenzionali, dell’abitudine, del tran tran e della banale quotidianità”. L’assessore Trentin ha poi così continuato: “Mi piace vedere nel ‹‹Diario›› quanto don Olivo rileva sulla tematica della famiglia vista attraverso gli occhi degli emigranti, come famiglie ricordate, famiglie da cui si sono staccati, famiglie spesso lacerate come, ad esempio, quella della bambina che ha espresso un odio profondo verso la propria madre perché aveva permesso che il padre se ne andasse lontano in cerca di lavoro”. Il ‹‹Diario›› di don Olivo Bolzon costituisce – ha concluso l’assessore Trentin – una “bella testimonianza, una voce che risuona alta, per la sua concretezza, per il suo andare al nocciolo dei problemi, per la sua assenza di retorica, ed è anche un incoraggiamento affinché si allarghi lo sforzo culturale per conoscere sempre più le caratteristiche dei tempi eroici della nostra emigrazione”.
Alla presentazione del libro di don Olivo Bolzon era presente anche l’assessore provinciale alla Cultura, Marzio Favero, il quale ha letto e commentato numerosi brani del libro. Gli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo sono stati un periodo straordinario con profonde trasformazioni a livello economico e sociale; in quegli anni – e alla luce del Concilio Vaticano II – ci sono stati preti che hanno voluto vivere a stretto contatto con la gente e, in particolar modo, con i lavoratori, ed è così che hanno svolto – anche in Italia – il proprio ministero sacerdotale come ‹‹preti operai››. Il primo brano del ‹‹Diario››, che si legge rapidamente e gradevolmente, scelto dall’assessore Favero è stato proprio quello che lo apre. Ecco il testo: ‹‹Sono stato a Roma per la settimana dell’Onarmo (Opera nazionale assistenza religiosa e morale agli operai). Si dicono tante belle cose, ma ce le diciamo sempre tra noi, come fosse naturale la divisione tra noi, i preti e il popolo, come fosse certo che noi siamo il soggetto e gli altri un puro oggetto da trattare. Si parla di dialogo restando chiusi in un continuo monologo, si fanno teorie, interessa poco la realtà›› (p. 27). “Credo – ha detto l’assessore Favero – che fin dalle prime righe emerga chiara l’esigenza di capire come si rapporta il messaggio evangelico all’esperienza concreta della comunità che si definisce cristiana ma che non sempre lo è, nel senso che il primo luogo e la prima realtà da evangelizzare non è lontano da noi ma, forse, i primi a dover essere evangelizzati siamo proprio noi”. L’assessore Favero ha poi continuato la lettura col brano che segue: ‹‹…la Chiesa che è troppo preoccupata dell’organizzazione e perciò soffocata nel élan vital, chiusa in una forte burocrazia che la rende molto prossima al comunismo. Come diceva M. (un amico spagnolo, ndr) prendendo i cardinali di Curia e portandoli a Mosca e prendendo i commissari politici e portandoli al Vaticano, nulla cambia›› (p. 30). “Queste righe – ha continuato l’assessore Favero – danno l’idea di una Chiesa troppo ripiegata su se stessa, sulle proprie logiche, che finisce con l’avere delle difficoltà ad essere vicina a coloro che dovrebbero essere i destinatari del messaggio evangelico”.
Dopo l’assessore Favero è intervenuto don Canuto Toso (Associazione Trevisani nel Mondo) che ha sottolineato come la presentazione del volume di don Olivo Bolzon offra alla sua Associazione l’occasione per fare una riflessione sulla presenza dei trevigiani in Germania. Don Toso si è pure soffermato su alcuni brani del ‹‹Diario›› per riflettere, poi, sull’esperienza dei ‹‹preti operai››. “Rileggendo il ‹‹Diario›› – ha affermato don Toso – quello che mi è rimasto maggiormente impresso, sono i momenti forti di preghiera e di riflessione spirituale e teologica che don Olivo faceva nel frattempo, durante le pause e dopo il lavoro. Con questa sua breve quanto intensa esperienza lavorativa, don Olivo ha riscoperto il suo sacerdozio tra gli uomini e il valore della celebrazione Eucaristica nella sua vita e in quella del mondo”. Don Canuto Toso si è anche soffermato sull’importanza “dei laici cristiani negli ambienti in cui vivono e operano, in quanto è necessaria una testimonianza lunga, paziente, generosa uguale e costante, fatta a loro livello e sentita da loro. E’ necessario – ha sottolineato don Toso – valorizzare il ruolo dei laici cristiani dentro questo mondo che ha estremo bisogno di essere evangelizzato. Il valore del laicato e la sua insostituibilità restano certi e intangibili: il laicato, infatti, è capace di penetrare nella vita, di integrare l’esperienza del prete operaio, e quindi insostituibile per rendere adeguato ed efficace il dialogo della Chiesa con questo mondo”. Don Toso ha ricordato che l’esperienza maturata come spazzino a Colonia, darà modo a don Olivo Bolzon di fargli scoprire che i laici ufficialmente impegnati in associazioni, come le Acli, non vivono purtroppo una vita missionaria, ma a circolo chiuso, con attività semplicemente ricreative e assistenziali.
Altro relatore intervenuto alla presentazione del libro è stato Idolino Bertacco (già segretario dell’Associazione gelatieri artigiani italiani operanti in Germania) che ha offerto ai presenti una interessante relazione sulla presenza dei trevigiani in Germania, come i tanti che furono “arruolati di forza sotto l’impero austro-ungarico per combattere ad Aschaffenburg, che si trova a circa trenta chilometri ad est di Francoforte, contro i prussiani nel luglio del 1866”. In quella battaglia i trevigiani si fecero onore ed ebbero, come ringraziamento, sulle singole schede matricolari la seguente dicitura: ‹‹congedato come italiano››.
“Tra il 1938 e il 1943 – ha affermato Bertacco – ritroviamo in Germania una consistente presenza di trevigiani, quando dalla Marca partirono circa 4100 coloni”. Purtroppo molti sono stati anche i trevigiani che in quel Paese hanno perso la vita. “In un paesino a sud di Potsdam – ha ricordato Bertacco – sono stato colpito da una targa in metallo che ricordava l’uccisione di 127 lavoratori italiani verificatasi il 23 aprile del 1945. Tra di loro c’erano anche dei veneti. Sono stati sepolti a Berlino-Zehlendorf e il recupero delle salme è avvenuto grazie ai religiosi scalabriniani veneti che si trovavano lì per assistere i nostri connazionali”.
Dopo l’intervento di Bertacco ha preso la parola Carlo Silvano, curatore della collana “Questioni di identità” della Ogm editore che ospita il ‹‹Diario›› di don Olivo Bolzon. “Con la collana ‹‹Questioni di identità›› – ha detto Silvano – si intende porre l’accento sui fenomeni migratori e sull’identità culturale e sociale delle comunità che hanno conosciuto il fenomeno dell’emigrazione. Quando la scorsa primavera ho avuto modo di leggere il manoscritto originale di questo ‹‹Diario›› scritto circa 43 anni fa, è stato forte, in me, il desiderio di pubblicarlo, perché è una chiara testimonianza di come certi preti sappiano stare accanto ai più deboli della nostra società, ovvero ai migranti. Don Olivo non ha avuto paura di mettersi in gioco affrontando una realtà, quella del mondo operaio, particolarmente difficile e aspra e per tanti versi sconosciuta per chi è stato educato e formato tra le rassicuranti mura di un Seminario. Anche se per breve tempo – ha concluso Silvano – don Olivo ha comunque sperimentato sulla propria pelle cosa significhi vivere in un Paese straniero, lontano dagli affetti familiari, indossare la divisa da operaio e fare un lavoro alienante, duro e monotono”.
La manifestazione si è chiusa con la testimonianza di don Olivo Bolzon, il quale ha ringraziato i relatori, in particolar modo l’assessore Favero e don Toso, per le riflessioni offerte al pubblico intorno al suo ‹‹Diario››. Leggendo questo libro di don Olivo Bolzon si è portati soprattutto a riflettere sul significato della parola “integrazione”: parola che non significa né assimilazione, né omologazione, ma, avendo come coordinate la conservazione della propria identità e l’apertura alle novità derivanti da stili di vita diversi dal proprio, si traduce nella volontà del singolo di inserirsi nel tessuto della società disposta ad accogliere nuove persone purché si rispettino le regole e le leggi.
Olivo Bolzon, “Diario. Un prete della diocesi di Treviso racconta la propria esperienza lavorativa come spazzino nella città di Colonia nel 1964”, Ogm editore2007, pp. 80. euro 8.00, isbn 978-88-95500-01-0, collana “Questioni di identità”, centrostudipaoli@libero.it.
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