TENDA - «Mi chiamo Robert Rossi e sono nato nel 1944: mia madre è brigasca e conobbe mio padre che svolgeva il servizio militare nella GAF, cioè la guardia di frontiera proprio a Briga Marittima. Dopo l’8 settembre del 1943 mio padre fu catturato dai nazisti e portato in Germania, ma finita la guerra ritornò a Briga e si sposò con mia madre per venire a mancare nel 2009». Inizia con queste parole l’intervista concessami da Robert Rossi (vedi foto qui sotto), nato italiano nel 1944 e diventato francese nel 1947, quando il comune di Tenda fu ceduto alla Francia in seguito al Trattato di Parigi.
Signor Robert Rossi, a Tenda che lingua si parlava fino al 1945? E qual era il dialetto più diffuso? Oggi qualcuno a Tenda e a Briga parla ancora in dialetto?
Fino al 1947 i comuni di Briga Marittima e Tenda rientravano nei confini dell’Italia e quindi la lingua ufficiale era l’italiano. A Briga Marittima era molto diffuso il dialetto locale, cioè il «brigasco», mentre a Tenda si parlava il dialetto «tendasco». In questi comuni era conosciuto anche il dialetto piemontese. Nel 1947 nella scuola ai bambini è stato imposto il francese e la lingua italiana è sopravvissuta fino al 1970. Oggi sia a Briga che a Tenda si parla molto poco il dialetto locale.
Dopo il 1947 ai bambini che nascevano nel comune di Tenda si poteva un nome italiano?
Certamente nei registri dell’anagrafe comunale si potevano dare ai bambini dei nomi in italiano, ma a scuola i nomi venivano trasformati in francese. Così, ad esempio, "Roberto" è diventato Robert, "Francesco" è diventato François. Dopo il 1947 sono stati cambiati anche i nomi delle strade: viale "Vittotio Emmanuele", ad esempio, fu chiamato viale "generale De Gaulle"
Secondo lei, furono molti i tendaschi che preferirono lasciare il paese per non essere “francesizzati”?
Per quanto ne so, pochissimi hanno potuto lasciare il paese e furono praticamente solo alcuni funzionari. Le persone del luogo sono rimaste perché a Tenda avevano dei beni, come la casa e la campagna. Andare in Italia significa andare verso l'ignoto. I funzionari brigaschi e tendaschi scelsero di andare via perché potevano trovare lavoro in Italia.
A Tenda la religione cattolica è ancora un collante sociale?
La religione cattolica era molto presente fino al 1965-1970, ma in seguito si verificò un esodo rurale e con la diminuzione della popolazione anche la presenza dei sacerdoti fu ridotta. Oggi nel villaggio di Tenda ci sono degli anziani ancora attivi nella congregazione denominata «Penitenti bianchi».
Secondo lei, prima del 1940 a Tenda c’era tra gli abitanti un sentimento filo-francese?
A quel tempo gli abitanti dei villaggi mostravano poco sentimento filo-francese. Furono soprattutto gli espatriati brigaschi e tendaschi che vivevano in Costa Azzurra, dove molti di loro lavoravano negli alberghi, a venire nei nostri villaggi per votare in massa, mentre dal diritto di voto furono esclusi i brigaschi e i tendaschi che vivevano in Italia.
Perché, secondo lei, a Tenda ci sono state persone che volevano l’annessione alla Francia?
Il sentimento filo-francese è cresciuto nel tempo e soprattutto a scuola. Prima dell'unità d’Italia, ad esempio, i legami tra il nostro territorio e quello italiano era molto forte, perché non c'era un confine e i pastori, ad esempio, effettuavano la transumanza nella contea di Nizza e in Liguria. In seguito le cose sono cambiate: il periodo fascista impoverì gli italiani e la Francia aveva la reputazione di avere una migliore qualità di vita rispetto all’Italia.
Secondo alcune testimonianze, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale il sindaco di Tenda fu aggredito perché filo-italiano. Lei cosa ricorda?
Questo non lo so: mio padre avrebbe potuto rispondere a questa domanda. Ricordo, però, che a Tenda c’era un prete che si chiamava don Ginetta ed era filo-italiano.
A Briga il nome del colonnello Giovanni Pastorelli posto sulla lapide del suo monumento è stato “francesizzato”. Lei cosa ne pensa?
Sappiamo che il colonnello Giovanni Pastorelli morì nel 1911 in Libia durante la guerra tra Italia e Turchia. Sempre a Briga, sulla facciata del municipio, una targa ricorda un certo Ardisson, morto per la Francia quando in realtà morì nel 1896 nella battaglia di Adua combattuta tra italiani e abissini. Comunque, a Briga e a Tenda ci sono targhe sia in francese che in italiano: alcune ricordano i caduti italiani, altre i morti francesi. Sulla facciata del municipio c’è ancora una lapide scritta in italiano che riporta il bollettino di guerra a firma del generale Armando Diaz. Anche il nome di mio nonno, Alberti Pietro di Agostino, è tra i caduti della guerra 1915-1918. In qualche caso, però, si fa confusione: c’è una targa in francese, ad esempio, che riporta i caduti per la Francia del conflitto del 1940-1945, quando in realtà si tratta di militari italiani caduti sul fronte russo. Secondo mio figlio Sylvain il giacobinismo francese impone l'unità della nazione e a suo avviso cancella la verità storica.
Oggi qual è il suo augurio per la comunità di Tenda?
Le persone che vivono a Tenda sono francesi e l'amore per l'Italia sta lentamente svanendo di generazione in generazione con la scuola francese. Il lavoro e la casa sono in Francia, ma penso, tuttavia, che sia rimasto qualcosa nel cuore di alcune persone, mentre altri negano le proprie radici. Nei nostri comuni la Francia è riuscita a far perdere l'identità e i nostri paesi sono ora dei “villaggi museo”, perché quasi abbandonati. Con l'Europa unita sia il nazionalismo italiano che francese hanno per fortuna perso ogni valore e le lotte di un tempo sono ora irrilevanti. A Briga e a Tenda siamo europei e lo abbiamo visto con la tempesta Alex e con l’aiuto ottenuto e ciò ha dimostrato che l'amicizia franco-italiana è molto più importante per l'economia della valle.
(a cura di Carlo Silvano)
____________________
Carlo Silvano (1966), originario del comune di Cercola (Napoli), vive a Villorba (Treviso). Cura diversi blog ed è autore di numerosi volumi. Per informazioni cliccare LIBRI DI CARLO SILVANO
Commenti