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Luciano Danti, I ticinesi hanno il diritto di essere riconosciuti come italiani


LUCIANO DANTI,
Noi Ticinesi abbiamo il pieno diritto etnico-culturale
di essere considerati italiani
intervista a cura di Carlo Silvano


Col ticinese Luciani Danti[1], da anni promotore dell’italianità del Canton Ticino e del Grigioni, torno a toccare temi che riguardano la Svizzera che, come Stato, ingloba “quattro” etnie (tedesca, francese, italiana e ladina), così da comprendere come mai una parte della Lombardia, ovvero il Canton Ticino e le valli grigionesi Mesolcina, Calanca, Poschiavo e Bregaglia, rientrano da diversi secoli nei confini politici della Confederazione elvetica.

Luciano Danti, per chi ama le tradizioni la Svizzera inizia il suo cammino come Stato nel lontano Primo agosto del 1291. È così?
A questa domanda riporto le semplici - ma intense - parole dello storico Georges Andrey[2], in un’intervista rilasciata diversi anni fa a “Swissinfo”. Secondo la tradizione, il 1° agosto 1291, i rappresentanti di Uri, Svitto e Untervaldo si riunirono sul praticello del Grütli per suggellare un’alleanza che avrebbe dato nascita alla Confederazione elvetica. I termini di questa coalizione sono iscritti nel Patto federale. I ricercatori scientifici, tuttavia, già da anni relativizzano questa versione dei fatti. Forse il Primo agosto del 1291 non successe nulla, per il semplice e buon motivo che il Patto del 1291 non è datato con precisione.

Cosa si afferma nel testo originale?
Sempre riportando le parole di Georges Andrey, il testo originale è in latino e recita "inizio di agosto", non il 1° agosto, ma bisognava pur scegliere una data. Così, nel 1891, il governo federale decise che il testo era datato al 1° agosto.
(Luciano Danti)

Secondo lo storico svizzero, perché ci fu questa decisione governativa?
Andrey afferma che la Svizzera era uno degli ultimi Paesi a non avere una festa nazionale. Occorreva dunque immaginare un pretesto. Furono consultati degli storici dell'epoca, i quali consigliarono quel Patto, che è il rinnovo di una carta di giuramento precedente, che non è stata ritrovata. È su tale base che tutta la Svizzera celebrò il ricordo dell'alleanza. Il 1° agosto 1891, in tutto il Paese suonarono le campane nello stesso momento e furono accesi falò.

Da allora ogni 1° agosto si celebra la festa nazionale svizzera?
Lo storico svizzero dice di sì, però la data non è peraltro l'unica imprecisione: il patto, infatti, presenta altri problemi. Non è firmato, non menziona alcun nome di persona e neppure di località. Di conseguenza, anche l'idea di un'alleanza conclusa sul prato del Grütli il 1° agosto 1291 può essere confermata. Siccome non sono citati nomi di persone, gli storici hanno eseguito delle ricerche. Già nel XIV secolo si conoscevano certi nomi. Attualmente, se si fa il punto su quelle ricerche, si possono avanzare alcuni nomi che rappresentano l'élite politica dei tre cantoni forestali alla fine del XIII secolo. Tradizionalmente, i manuali di storia menzionano i nomi di tre personaggi che avrebbero concluso il Patto del 1291: Walter Fürst, Arnold von Melchtal e Werner Stauffacher. Ma è pura ipotesi. Di fatto, sono ritenuti tre nomi perché questa cifra rappresenta la Trinità e, dunque, un simbolo d'autorità.

In sostanza, riguardo a quel Patto oggi cosa sostengono gli storici?
Secondo Andrey, oggi c'è consenso fra gli storici per dire che il Patto è tutto fuorché una costituzione moderna. È un patchwork di testi, probabilmente raccolti altrove - dove non si sa - e costituiti in carta medievale, secondo la prassi dell'epoca. Un'altra cosa che colpisce è una certa mancanza di coerenza nel testo.

Può fare un esempio?
Il professore universitario ha notato che nel patto a volte è utilizzato il plurale "essi" e a volte il plurale maiestatis "noi". Inoltre, ci sono errori d'ortografia e ciò lascia perplessi perché - secondo alcuni storici - ciò dimostrerebbe una certa precipitazione nella redazione del testo. I ricercatori pensano che “il Patto sia stato semplicemente copiato da qualche parte”. Un altro punto da sottolineare è che la parola latina che è stata tradotta con "confederati" è "conspirati". Questi elementi, per certi storici, proverebbero che il Patto può anche essere inteso come un patto di rivolta. Per altri, invece, è un falso di qualche secolo dopo.

Se tutto ciò fosse vero…
Si potrebbe concludere, in poche parole e azzardando ipotesi, che verso fine del XIX secolo la Svizzera inventò il proprio passato per vari motivi, complessi e politici, ma soprattutto lo fece per crearsi un’identità, una leggenda unificatrice.
(Il villaggio di Corippo in Val Verzasca - Canton Ticino)


Anche la figura di Guglielmo Tell è entrata a far parte di un progetto politico per tenere la Svizzera unita visto che la sua storia – o leggenda – è alla base del sentimento nazionale svizzero?
Ogni Stato crea dei miti, anche quelli non nazionali come la Svizzera. Gli svizzeri germanofoni hanno il mito Guglielmo Tell, un mito che a quanto pare era consuetudine comune anche in altri luoghi germanici, dove si narrano storie simili a quelle del mito svizzero. Infatti, la storia del tiratore costretto dal balivo Gessler a colpire una mela sulla testa del figlio, dopo aver rifiutato il saluto al simbolo imperiale, non era nuova. 

E dove la troviamo prima di Guglielmo Tell?
Nelle “Gesta Danorum”, cioè nella “Storia dei danesi”, scritta nel Dodicesimo secolo dal monaco scandinavo Sexo Grammaticus, che contenevano diversi racconti compreso quello del principe danese che avrebbe ispirato, in seguito, Shakespeare per il suo Amleto. Tra gli altri, si raccontava anche di Toko - o Palnatoke - come un abile cacciatore che si vantava troppo della sua qualità di arciere. Il re Harald, detto “Dente azzurro”, lo costrinse allora a colpire una mela posta sulla testa del figlio. Toko aveva già deciso che in caso di fallimento con una seconda freccia avrebbe ucciso il re, ma riesce nell’impresa e, forse proprio per questo, finisce imprigionato dal sovrano. Naturalmente scappa dalla prigione e uccide il tiranno in un agguato.

Sembra proprio di rileggere la storia di Guglielmo Tell
Una storia che probabilmente viaggiò da “comunità germanica a comunità germanica”. Vedendo Guglielmo Tell come “mito germanico”, o meglio come mito che piace ai germanici, si può anche capire l’ammirazione di Hitler nei confronti del “mito Tell”. Infatti, anche Adolf Hitler cercò di appropriarsi della figura di Guglielmo Tell per giustificare i suoi obiettivi politici. Lo citò addirittura nel “Mein Kampf” e si dichiarò entusiasta che il “Tell” di Schiller non solo dava corpo al pensiero nazionalsocialista, ma anche al concetto di comunità dei popoli e alla figura del condottiero ideale quale lui si riteneva.
Lei come percepisce la figura di Guglielmo Tell?
Personalmente, mi sembra solo una tradizione germanica, una tradizione di tante piccole comunità “autogestite” e lontane da un potere centrale. Appunto per questo non lo sento mio; piuttosto sento mio un mito come Alberto da Giussano, che dovrebbe essere il mito di noi ticinesi, e non solo perché molti Comuni oggi ticinesi presero parte alla fondazione della Lega Lombarda!

Può spiegarsi meglio?
Il mito di Guglielmo Tell fu creato in un periodo in cui gli svizzeri soggiogarono, dopo conquiste militari, un fazzoletto d’Italia che oggi chiamiamo “Svizzera italiana”. Quindi Guglielmo Tell non ha nulla a che vedere con noi ticinesi, anzi Tell, in realtà, incarna quasi il “cattivo” della storia (Gessler) per noi ticinesi, sottomessi e conquistati dagli svizzeri. In poche parole, per noi ticinesi Guglielmo Tell è in verità “il Gessler della situazione”. 
(Trieste, Luciano Danti seduto accanto alla statua di Gabriele D'Annunzio)

Dopo i chiarimenti sulla data del primo agosto e sulla figura di Guglielmo Tell è d’obbligo chiederle quale futuro spera per il Canton Ticino e per le quattro valli italofone del Grigioni.
Bella domanda! È una domanda che meriterebbe “paginate”. Innanzitutto, più realisticamente, dico che sarebbe bello vedere un Ticino libero, soprattutto dai miti svizzeri che non sono la nostra storia, così da essere considerati italiani anche dalla Repubblica Italiana, perché la nostra storia (vera) è quella dei mille ticinesi che partirono a combattere nelle prime guerre d’Indipendenza italiane. Sarebbe bello sentire come figura chiave “dell’identità ticinese” il nostro scrittore e docente Francesco Chiesa, che si sentiva italiano e fu “il più importante” artefice delle “rivendicazioni ticinesi”.
(Il ponte diga con il centro di Melide a destra e quello di Bissone sulla sinistra:
se non ci fosse questo ponte artificiale, il Ticino
non avrebbe nemmeno continuità territoriale col mendrisiotto,
in quanto diviso dal Lago Ceresio)

E poi?
Il Canton Ticino, oggi, è già legato - oltre che culturalmente - anche economicamente alla Regione Lombardia e, nonostante una certa propaganda “anti italiana”, si sta lavorando per rendere sempre più istituzionale quella struttura (macro regione) che si chiama “Regio Insubrica”: una struttura, già esistente, che sarà il nostro futuro. Sarebbe bello, poi, anche essere “parificati”, così come dice la Costituzione italiana, per la quale esistiamo anche noi “svizzeri italiani”!

Può spiegare meglio quest’ultimo passaggio?
A mio avviso si può rendere attivo l’art 51 della Costituzione italiana, così da far ottenere ai ticinesi anche la cittadinanza italiana, ed offrirci la possibilità di partecipare attivamente alla “vita istituzionale della Repubblica Italiana”, cosa che per il momento ci è negata, nonostante il nostro pieno diritto etnico-culturale di essere considerati italiani. Su questo importante argomento mi piacerebbe, però, rispondere in maniera più approfondita in una prossima intervista. 

In conclusione?
Vorrei terminare questa intervista con un semplice: “viva l’Italia e viva il Ticino Italiano”. 

(a cura di Carlo Silvano)



[1] Luciano Milan Danti è nato a Ronco sopra Ascona, Canton Ticino, il 13 marzo 1981. Di padre ticinese e di madre serba. Dopo le scuole dell’obbligo ha frequentato una scuola d’arte applicata. Diplomato professionalmente, svolge ora svariate attività da indipendente a da dipendente.
[2] Storico svizzero, medievalista, professore presso l’Université de Fribourg e autore de “La Storia della Svizzera”.
La presente intervista di LUCIANO DANTI è stata rilasciata a CARLO SILVANO, che cura anche il blog Questioni di identità ed è autore di numerosi libri. Per visionare alcuni dei suoi volumi cliccare su Libri di Carlo Silvano 







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