Da secoli il
Canton Ticino e il Grigioni italiano rientrano nei confini politici della
Confederazione Svizzera, la quale oggi riesce, grazie ad un diffuso benessere
economico, a tenere “insieme” persone di cultura, lingua ed etnia diverse. Con l’intervista
che segue a Luciano Danti, da anni animatore dell’italianità del Canton
Ticino, sono stati affrontati alcuni temi che riguardano i legami tra l’Italia
e questa “fetta” della Lombardia.
Luciano Danti, da
quanti anni vivi nel Canton Ticino?
In Ticino, cioè in quella determinata parte di Lombardia
federata allo Stato svizzero, ci sono nato e quindi ci vivo da sempre. Sono di
Ronco sopra Ascona, un paese sulle rive del lago Maggiore. Dal ramo paterno
posso anche “vantare” origini patrizie grazie alla mia nonna. I miei avi
prestarono servizio militare attivo, indossando la divisa elvetica, durante le
due guerre mondiali. Ho forti radici in questo territorio, per il quale ho
sempre provato amore. Un amore, però, che contrasta con una realtà territoriale
“ridicola” perché fatta e costruita su “recinti artificiali” che non mi possono
definire “solamente ticinese”. Infatti, fin dalla prima adolescenza, mi sono
sempre definito lombardo.
Luciano Danti
Puoi spiegare
meglio questo tuo sentimento?
Mi sono sempre
sentito lombardo in quanto non ho mai visto differenze con le altre persone che
abitano a pochi chilometri di distanza, persone - i nostri veri connazionali -
appena dietro quel confine artificiale con la Repubblica Italiana. In
poche parole, aver vissuto in Ticino vuol dire aver vissuto in una determinata
zona della Lombardia: dopo Chiasso si hanno persone con gli stessi cognomi,
facce e dialetti.
Tu consideri il Canton Ticino e il Grigioni italiano come zone
della Lombardia, e quindi dell’Italia, però, da alcuni secoli queste aree rientrano
nei confini politici della Confederazione Svizzera che – secondo alcuni –
sarebbe addirittura sorta nel 1291…
No, la Svizzera non nasce nel 1291: è una leggenda, ben spiegata
- e rilegata solo a leggenda - dallo storico zurighese Roger Sablonier. Infatti,
questo storico medievalista e professore universitario ha dimostrato - con
delle analisi al carbonio 14 - che il “Patto del 1291” non è dell'epoca, ma probabilmente
risalirebbe a duecento anni dopo. Comunque, al di là di queste prove
scientifiche, già da anni i ricercatori “relativizzano” la data del 1291. Nella
realtà la Svizzera è un “paese giovane” voluto da Napoleone Buonaparte e costituitosi
alcuni decenni dopo, nel 1848. Un “paese giovane” che fino al 1891 non aveva
nemmeno una festa nazionale: un “paese giovane” che non ebbe un vero esercito
fino al 1874.
E per quanto
riguarda la bandiera e l’inno nazionale?
La bandiera
rossocrociata fu adottata ufficialmente solo nel 1889, mentre il primo inno
della Svizzera, Rufst du mein Vaterland, fu sostituto dal “salmo
svizzero” nel 1961, e non è altro che una copia, con parole diverse,
dell’inno monarchico tedesco Heil dir im Siegerkranz.
Quindi, a tuo avviso,
la storia della Confederazione svizzera è un po’ diversa dalla versione
ufficiale…
Voglio subito chiarire che la Svizzera
non ha una storia ufficiale esclusivamente vincolante, ma gode della libertà
d'opinione, d'informazione e della ricerca (art. 16 e 20 della Costituzione).
Quindi la Svizzera non ha una storia ufficiale, ma gioca tanto sui miti, per
vari motivi. Diciamo che in un certo senso la
storia medioevale della Svizzera è da inquadrare come quella di un qualsiasi
staterello tedesco, staterelli tanto in voga ancor più nei germanici che
neanche in noi italiani. Uno staterello che comunque non lo era, in quanto era,
forse, una Confederazione. Uno staterello a volte servo e a volte rivale
dell’Austria, ma sempre vassallo dell’Impero. I miti costitutivi della Svizzera
sono appunto nati dopo, verso la fine del XIX secolo, nel tentativo di
unificare una popolazione senza “leganti” e vera storia comune. Infatti, a coronamento
di questi miti, la Svizzera ha ancora oggi il nome “Confederazione”, anche se
di fatto è solo una federazione.
Ovvero?
È una federazione
con dei Cantoni nemmeno troppo indipendenti, ad esempio, paragonando la
situazione di uno stato federato con gli Stati Uniti d’America. In breve, se
proprio si vuole vedere la reale nascita della Svizzera, bisogna andare “molto
dopo” e comprendere l’Europa napoleonica e post napoleonica.
E la data del 1°
agosto del 1291?
È solo un mito
molto distante da quella che fu una realtà come la Lega Lombarda del 1167, ma
questo aprirebbe un discorso troppo ampio, mi fermo qui limitandomi a liquidare
come “fake news ottocentesca” - oggi si direbbe così, cioè “fake news” - la
data 1291.
cartina della Confederazione svizzera
Il Canton Ticino e
le valli Mesolcina, Calanca, Bregaglia e Poschiavo che rientrano nel cantone
del Grigioni, pur essendo di cultura e lingua italiana, rientrano nei confini
della Svizzera sin dal XVI secolo. Come mai queste zone non rientrano nei
confini politici della Repubblica italiana?
Si tratta di conquiste militari eseguite in un periodo in cui
un’Italia politicamente divisa fu preda di molti nemici. Comunque, non è vero
che l’attuale Svizzera italiana fu “svizzera” fin dal XVI secolo! Infatti, i
dodici Cantoni Confederati, dopo aver conquistato militarmente questo
fazzoletto d’Italia, amministravano il territorio solo parzialmente, in
particolare per riscuotere i dazi. Dal XVI, fino all’arrivo dì Napoleone, in
Ticino (anacronismo) comandavano - anche se da sottoposti ai Balivi svizzeri e
alle Diocesi italiane - i vari patriziati che avevano, diciamo così, i compiti
“di pubblica amministrazione”. I balivi svizzeri furono sempre e solo
interessati alla grana fatta coi dazi sui passaggi di merci, bestiame e
persone; a loro di noi ticinesi (anacronismo) non è mai importato nulla di nulla!
Gli archivi sono pieni di carte, dove vi si può leggere che i vari “signorotti
svizzeri messi a controllare il Ticino” trasformavano le pene corporali in
pecuniarie, perché da queste ultime ci guadagnavano. Le cose stanno là, messe
nero su bianco, in latino, in volgare e in tedesco. Chi racconta cose diverse e
crede ad una sorta di passato dove i ticinesi avevano una “volontà di essere
svizzeri”, è ignorante o, peggio, mente sapendo di mentire. Noi ticinesi, è
bene ricordarlo, non siamo considerati “svizzeri” dagli svizzeri tedeschi.
Chi erano i “Giovani Ticinesi”?
Erano i membri di
un'associazione segreta, formata prevalentemente da studenti ed esclusivamente ticinesi, con lo scopo
principale di difendere la cultura italiana nel Canton Ticino dai tentativi di
tedeschizzazione messi in atto con la complicità delle autorità federali. Il
fine ultimo dell'associazione era la riannessione alla Gran Madre Italia. Una
missione pericolosa. Motivo per cui l'associazione operava in anonimato.
Uno dei ricordi forti dei Giovani Ticinesi è quello di una
pubblicazione, cioè il libro "La questione ticinese con cenno alla
situazione del Canton Grigioni". Un libro denuncia, pubblicato a Fiume
nel 1923, fatto di scomode verità che dovevano servire a riscuotere i
conterranei dal torpore e dal timore in cui erano piombati dopo la conclusione
della Grande Guerra senza che in nulla fosse mutata la loro condizione, che
anzi era peggiorata per la crescente invadenza dell’elemento svizzero calante
da nord; ma era la rabbia a dominare: la mancata riannessone all'Italia, dal
loro punto di vista, era un fatto grave. Un libro di testimonianza
schietta e sincera di un Ticino “ancora oggi censurato”.
È vero che questo
libro fu censurato dalle autorità svizzere che lo fecero “sparire” una volta “approdato
in Ticino”?
Sì, è vero, e voglio citare un passo che ritengo particolarmente
significativo:
‹‹Nel 1794 i Ticinesi avrebbero dovuto massacrare e impiccare ai
lampioni delle strade i langfoti (i signori svizzeri) invece di
limitarsi a chiedere i diritti dopo tre secoli di servaggio. L’occasione di
riunirsi all’Italia è andata purtroppo persa allora, e nei libri di scuola oggi
troviamo scritte un sacco di stupidaggini, come quelle sul non mai esistito
Guglielmo Tell che tutti dovremmo venerare. Fin da bambini non ci viene
insegnato nulla dell’Italia e delle sue glorie, al contrario è suonata la
grancassa su quelle svizzere e sugli svizzeri nostri fratelli e gran guerrieri.
Come no! Guerrieri che furono sonoramente sconfitti e dovettero darsela a gambe
da tutta la Lombardia. Fratelli che, dopo Napoleone, volevano farci ritornare
schiavi nel baliaggio. E noi non dimentichiamo le stragi e violenze che subimmo
nel corso di tre secoli! Ognuno, poi, può vedere da sé com’è ridotto il Ticino
in confronto alla Lombardia: la differenza con il Regno d’Italia. I lombardi
vengono forse a studiare da noi o non è piuttosto il contrario? Il nostro
Ticino è povero e piagato dall’emigrazione. Guardate: il Comasco è tutta una
plaga fiorente. Il Canton Ticino, che è la naturale continuazione immediata del
Comasco, dovrebbe del pari essere fiorente. Al contrario è desolato. Vuol dire
che se fosse entro i confini italiani sarebbe florido quanto il Comasco››.
A questo proposito, venivano messe in luce le differenze fra
l’emigrazione italiana e quella Ticinese, che lasciava dietro a sé il vuoto, al
contrario di quella italiana, dovuta a un sovrannumero di braccia e all’aumento
del 30% della popolazione dopo l’Unità, e in cui quasi tutti gli emigrati puntavano
a ritornare in Patria non appena raggranellato un gruzzolo. Le analisi dei
Giovani Ticinesi erano lucide e precise quanto impietose e a volte anche troppo
severe nei confronti dei connazionali accusati di passività, ignoranza e,
addirittura, di non aver mai mosso un dito per l’Italia.
Francesco Chiesa, docente e scrittore ticinese fautore dell'annessione del Ticino all'Italia
Gli abitanti del
Ticino furono accusati di essere ignoranti in merito alle loro origini italiane?
Sì, e si legge
testualmente che ‹‹i Ticinesi sono volutamente tenuti all’oscuro fin dai primi
anni di vita di tutto ciò che è italiano, delle glorie e dei passaggi della
storia dell’arte, della cultura e della civiltà italiana››. E ancora: ‹‹La
Svizzera non può essere assolutamente per noi una Patria di sentimento senza
mentire a noi stessi, senza rinnegarci nel sangue e nell’anima. Un primo
disagio nasce subito arrivando nelle nostre cittadine, ove s’incontrano nomi
vuoti, scritte banali: via della stazione, piazza della posta, piazza del sole,
piazza giardino, viale dell’officina…e ci si stringe il cuore a pensare ai bei
nomi gloriosi delle piazze e delle vie d’Italia che sono uno squillo di
entusiasmo, una pagina di eroismo, di poesia e di bellezza […] Di fronte alla
decadenza elvetica, noi assistiamo alla mirabile ascesa italiana. Sessantadue
anni fa l’Italia si leva, vince il formidabile impero asburgico, si unifica.
Dieci anni dopo, cinquantadue anni fa, rovescia il bimillenario potere
temporale e conquista Roma, sua capitale. Vent’anni dopo, conquista la sua
prima colonia. Dopo altri vent’anni, dodici anni fa, la sua seconda colonia,
togliendola alla Turchia contro il volere di tutta Europa. Solo quattro anni
dopo, nel 1915, si getta nella più grande e terribile guerra della Storia, e la
vince. Una delle maggiori potenze del mondo, l’Impero austro-ungarico, per
averle voluto sbarrare il cammino, è disfatto, distrutto, cancellato dalla
faccia dell’Europa. Ieri, quando sembrava prostrata dinanzi alle teorie
sovvertitrici, ecco che si leva di nuovo e vince. Ognuno di questi avvenimenti
sembrava follemente imprevedibile il giorno prima che si compisse, mentre già
si compiva. Altri se ne compiranno domani che oggi ancora sembrano follemente
imprevedibili››.
Una pagina de "L'Adula" di lingua e cultura italiana
Luciano, dalle tue affermazioni si comprende che il Canton
Ticino e il Grigioni italiano non dovrebbero far parte della Svizzera perché
storicamente sono conquistati dagli elvetici. Oggi, però, la Svizzera si
presenta come uno stato che ha quattro lingue nazionali: questa pluralità di
lingue e culture ha facilitato una certa unione tra tutti gli abitanti della
Confederazione?
Innanzitutto,
voglio precisare una cosa! Vero, le lingue ufficiali sono quattro, ma il
romancio è diventato lingua ufficiale solo nel 1938. Va detto che il romancio è
in realtà una sorta di koinè delle varianti ladine parlate nel Canton Grigioni
a nord delle Alpi. In poche parole, il romancio non è altro che un dialetto
ladino. Fu “elevato a lingua nazionale” quando le campane irredentiste italiane
suonarono anche nel Canton Grigioni, dopo che studiosi come il ticinese Aurelio
Garobbio rivendicarono anche tutto quel Cantone, e non solo le parti
italianissime come il Moesano, la Bregaglia e la Val Poschiavo, portando avanti
il concetto di Catena Mediana delle Alpi. Detto questo, aggiungendo che il
Canton Grigioni (anacronismo, fu Napoleone Buonaparte a “farlo diventare
svizzero”) non fu mai nemmeno confederato, ma solo, il più delle volte, alleato
della presunta Confederazione elvetica, si potrebbe dire che l’armoniosa
Svizzera stia unita solo perché divisa: infatti nessuna delle tre (tre e non
quattro) etnie che compongano lo Stato artificiale hanno realmente a che fare
l’una con l’altra.
Mi puoi fare degli
esempi?
Certo! Noi
ticinesi non abbiamo minimamente a che fare con la Svizzera tedesca, della
quale conosciamo solo uno o due politici, o al massimo conosciamo solo uno sportivo
come Roger Federer, che poi è famoso in tutto il mondo; per non parlare della
cultura: i ticinesi non conoscono gli attori o cantanti (con canzoni annesse)
della Svizzera tedesca: noi, infatti, ascoltiamo le canzoni italiane, guardiamo
i film di Carlo Verdone e conosciamo infinitamente di più i politici e i vari
personaggi dello spettacolo italiani. E tifiamo per Valentino Rossi.
Quindi, la lingua,
in un certo senso vi divide?
Ci divide e non ci
permette di riconoscerci come svizzeri, perché sono veramente pochi i bilingui
e ognuna delle componenti etniche della Svizzera segue infinitamente “di più”
la sua matrice culturale (Italia, Francia o Germania) rispetto gli “altri
svizzeri” di lingua diversa.
Mi puoi dare la
tua personale definizione di “identità nazionale”?
“Pas d’argent pas de Suisse”. Questa frase già basterebbe a dire
ciò che non è un’identità nazionale. E rispondo in maniera indiretta, per ciò
che riguarda l’identità di noi ticinesi, con una frase di Emilo Bossi (un
ticinese): ‹‹Che siamo, noi Ticinesi, se non italiani di ieri e, forse, di
domani?››.
Cosa vi unisce?
Il nostro legante
come Stato è solo il benessere che non ci fa venir voglia di “farci annettere”
dai nostri Stati di riferimento, ma questo è un altro discorso. Comunque,
la Svizzera (del presente) ha un qualcosa di positivo: dimostra che la
convivenza tra noi europei può essere pacifica e rispettosa, valorizzando le
differenze.
In conclusione, per te cosa significa “essere svizzero”?
Essere svizzero vuol dire far parte di un territorio di forte
matrice europea che mi permette di definirmi italiano (lombardo), perché
ticinese, così come recita il primo articolo della Costituzione cantonale: ‹‹Il
Cantone Ticino è una repubblica democratica di cultura e lingua italiana››. (a cura di Carlo Silvano)
Commenti
Un cordiale saluto
Carlo Cadorna
Poichè agli attuali politici, tutto ciò non interessa un fico secco.